È in arrivo il termine del 31 ottobre 2024 per la presentazione della quarta dichiarazione trimestrale CBAM. Una scadenza importante, considerato che in questa relazione non sarà più possibile indicare i valori forfettari relativi alle emissioni di gas a effetto serra ma dovranno essere riportati i valori reali. La Commissione europea, nelle proprie FAQ (in particolare nella n. 74) ha fornito alcuni chiarimenti operativi per la gestione dei dati relativi alle emissioni in situazioni di difficoltà. È comunque fondamentale per gli importatori dimostrare una pronta adesione, al fine di evitare potenziali sanzioni e oneri aggiuntivi.
Com’è noto, l’Unione europea ha introdotto il Carbon Border Adjustment Mechanism (CBAM) per monitorare e, in futuro, tassare le emissioni di gas a effetto serra rilasciate nell’atmosfera durante la produzione in stabilimenti extra -UE di alcune categorie di prodotti frequentemente importati (cemento, acciaio, ferro, alluminio, energia elettrica, fertilizzanti e idrogeno).
Il bilancio delle prime tre rendicontazioni trimestrali non è molto positivo: il numero di dichiarazioni presentate dalle imprese europee, infatti, è significativamente inferiore ai risultati attesi. Secondo i dati comunicati dalle dogane francesi, infatti, soltanto 14.000 aziende europee hanno adempiuto all’onere dichiarativo trimestrale. In particolare, in Italia solo 2.000 aziende hanno presentato le dichiarazioni trimestrali CBAM, mente in Francia il numero di aziende si arresta a 800.
Un risultato che evidenzia una diffusa impreparazione o una scarsa consapevolezza da parte degli importatori circa gli obblighi di rendicontazione delle emissioni legate ai prodotti soggetti al nuovo meccanismo.
La modesta partecipazione solleva perplessità circa l’effettiva capacità delle imprese di conformarsi pienamente alla normativa, specie in prospettiva dell’entrata in vigore della fase definitiva del CBAM, prevista per il 2026, quando sarà introdotto anche l’obbligo di acquisto dei certificati per compensare le emissioni dichiarate. In questa fase transitoria, pur non essendo ancora richiesto il pagamento, l’obbligo di dichiarazione trimestrale rappresenta un passaggio cruciale per testare l’efficienza del sistema e la capacità delle imprese di adempiere ai propri doveri in materia ambientale.
Il mancato adempimento delle relazioni trimestrali potrebbe esporre gli importatori a sanzioni per omessa dichiarazione.
Un presupposto imprescindibile, per il corretto funzionamento del CBAM risiede nella disponibilità di dati precisi e affidabili circa le emissioni di carbonio legate ai beni importati.
A partire dalla relazione in scadenza il 31 ottobre 2024 (trimestre luglio-settembre 2024), gli operatori saranno obbligati a presentare dichiarazioni basate su dati reali relativi alle emissioni, e non potranno più utilizzare valori predefiniti, se non nel limite del 20% (art. 5, Reg. UE 2023/1773) e solo per merci complesse (ossia merci realizzate in un processo di produzione che non richiede esclusivamente materiali in entrata e combustibili a zero emissioni). L’obbligo di monitoraggio e rendicontazione trimestrale subisce, pertanto, un inasprimento in termini di requisiti di conformità. Gli importatori devono dimostrare di aver acquisito dati reali sulle emissioni incorporate dai propri fornitori, rinunciando a stime o modelli standardizzati, salvo dimostrare di aver compiuto tutti gli sforzi necessari per ottenere i dati effettivi.
La Commissione UE, nell’ottica, da una parte, di rimarcare tale impegno dichiarativo gravante sull’importatore e, dall’altra, di venire incontro alle tante perplessità manifestate da parte di operatori, consulenti e associazioni di categoria, ha pubblicato sul proprio sito la FAQ n. 74, con la quale ha chiarito che, in assenza di dati reali relativi alle emissioni, l’importatore ha comunque il preciso onere di dimostrare di aver compiuto “tutti gli sforzi ragionevoli” per ottenerli; soltanto se tali dati non possano essere acquisiti, è ancora consentito l’utilizzo dei valori predefiniti.
Occorre ricordare, tuttavia, che tali valori hanno natura forfettaria e sono stati parametrati sulle emissioni prodotte dagli impianti più inquinanti all’interno dell’Unione europea.
Dal 2026 gli importatori di merci CBAM saranno chiamati ad acquistare i certificati in base alle emissioni dichiarate. Per non incorrere in costi più elevati in futuro, chi importa ha, dunque, un evidente interesse a garantire la massima trasparenza e accuratezza nella raccolta e trasmissione dei dati relativi alle emissioni, al fine di evitare un aumento degli oneri finanziari, senza dimenticare l’eventualità di vedersi irrogate sanzioni pecuniarie. In tale contesto, il rispetto degli obblighi dichiarativi rappresenta una misura necessaria per la mitigazione dei rischi economici connessi alla disciplina del CBAM.
Di CBAM ha parlato anche l’ex premier Mario Draghi durante la presentazione sul rapporto della competitività dell’Unione europea del 9 settembre 2024. L’ex premier ed ex presidente della BCE ha evidenziato una serie di rischi connessi all’attuazione del Carbon Border Adjustment Mechanism. Pur riconoscendone il carattere innovativo e ambizioso, sono state messe in luce alcune criticità del CBAM, che potrebbero comprometterne l’efficacia, qualora non adeguatamente affrontate.
Uno dei principali rischi riguarda la possibile difformità nell’applicazione del meccanismo nei vari Stati membri UE che potrebbe portare a una disparità di trattamento per gli importatori europei, con il conseguente rischio di danneggiare la concorrenza all’interno del mercato unico, compromettendo i principi fondamentali di uniformità e parità di condizioni, che sono alla base del mercato stesso.
L’ex Premier italiano ha, altresì, sottolineato il rischio (già in parte realizzatosi) che le imprese possano adottare condotte elusive nei confronti del CBAM, ricorrendo all’importazione di beni non sottoposti al meccanismo, ossia semilavorati e prodotti finiti, al fine di sottrarsi agli oneri derivanti dall’importazione della materia prima e dei materiali grezzi. Tale fenomeno rischierebbe di vanificare l’obiettivo primario del CBAM, che consiste nell’evitare la mera delocalizzazione delle emissioni, anziché la loro effettiva riduzione. In questa prospettiva, la Commissione UE potrebbe decidere di promuovere un ampiamento delle categorie merceologiche assoggettate al CBAM, eventualità che, a ben vedere è già prevista nei considerando del reg. UE 2023/956, la norma unionale che ha introdotto il meccanismo. La Commissione, infatti, ha previsto di redigere due relazioni prima della fine della fase transitoria (dicembre 2025) contenenti le valutazioni sulla possibilità di estendere il campo di applicazione del CBAM ad altre categorie merceologiche. Già dal 2026, dunque, quando inizierà la fase definitiva del meccanismo, l’elenco dei beni per i quali occorrerà redigere una dichiarazione (non più trimestrale ma annuale) sarà più ampio.
Laureato in Giurisprudenza presso l’Università di Genova, ha frequentato il corso di perfezionamento in Diritto Tributario presso l’Università di Genova e il Master in Diritto Tributario presso l’Università Cattolica di Milano.
Iscritto all’Ordine degli Avvocati di Genova, dopo una lunga esperienza presso un noto studio legale specializzato in fiscalità indiretta, dal 2019 entra a far parte del team dello Studio Armella & Associati.
È autore di numerosi articoli e svolge attività di docenza in seminari e corsi di formazione in materia tributaria.
È membro del gruppo di lavoro Accise della Sezione Italiana della International Chamber of Commerce.