Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno rinviato alla Corte Costituzionale una questione di legittimità costituzionale in merito all’applicabilità della confisca doganale in caso di contrabbando per omesso versamento dell’Iva all’importazione, riaprendo così l’accesa questione sulla natura di tale tributo.
La confisca, infatti, non è mai prevista per l’Iva interna nel caso di condotte sanzionate solo in via amministrativa, mentre, con riferimento all’Iva all’importazione, la confisca si cumula alle sanzioni amministrative.
Nello specifico, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno rilevato il possibile contrasto dell’art. 70, d.p.r. 26 ottobre 1972, n. 633, con i principi costituzionali di uguaglianza e ragionevolezza e hanno, pertanto, disposto il rinvio della questione alla Corte Costituzionale.
Le pronunce in commento (Cass. 4 luglio 2024, n. 18284 e n. 18286) hanno ad oggetto il mancato pagamento, rispettivamente, dell’Iva su un quadro illegittimamente importato in Italia dalla Svizzera, e di Iva e dazi per l’importazione non autorizzata di un’autovettura.
Un tema di frequente approfondimento da parte della giurisprudenza, sia unionale che nazionale, riguarda il rapporto intercorrente tra reato di contrabbando e omesso versamento dell’Iva all’importazione. I dubbi sorgono, in primis, dall’art. 70 del c.d. decreto Iva (d.p.r. 26 ottobre 1972, n. 633) il quale, in materia di violazione dell’Iva all’importazione, rinvia alle norme doganali relative ai diritti di confine e, quindi, anche all’art. 301 TULD.
Sul punto, le Sezioni Unite ripercorrono il dibattito sulla natura dell’Iva all’importazione, riaprendo una questione da tempo oggetto di discussione. I dubbi sorgono, infatti, in quanto l’Iva all’importazione, pur non essendo ricompresa tra i diritti di confine al pari degli altri dazi doganali, è per sua natura incardinata nel sistema dell’Iva nazionale, per il fatto di trovare origine dall’importazione in territorio unionale.
In merito si possono segnalare due tesi contrapposte. Secondo un orientamento minoritario, nella contestazione del reato di contrabbando potrebbe essere ricompresa l’Iva all’importazione, sull’assunto che quest’ultima rientri tra i “diritti di confine”: di conseguenza, la sua evasione integrerebbe il reato di contrabbando.
Secondo la tesi maggioritaria sostenuta dalla dottrina, dalla giurisprudenza nazionale ed europea, invece, l’Iva all’importazione, sebbene sia caratterizzata da specificità procedimentali e sanzionatorie rispetto all’Iva interna, non rappresenterebbe un dazio doganale, benché con essi abbia in comune l’origine dal circuito economico degli Stati membri.
Spesso, tuttavia, il rinvio di cui dall’art. 70, decreto Iva, ha sollevato problematiche a livello operativo, in quanto l’applicazione delle stesse procedure e sanzioni previste per i diritti di confine comporterebbe, di fatto, una sovrapposizione normativa. Di conseguenza, in caso di mancato pagamento dell’Iva all’importazione, può essere comminata la misura sanzionatoria della confisca di cui all’art. 301, d.p.r. 23 gennaio 1973, n. 43 (Testo unico delle leggi doganali, TULD).
Ai sensi di tale norma, il giudice procedente per il delitto di contrabbando deve sempre ordinare la confisca dei beni utilizzati per commettere il reato e le cose che ne costituiscono l’oggetto, il prodotto o il profitto. A parere della giurisprudenza prevalente della Corte di Cassazione, la previsione di cui all’art. 301, comma 1, TULD rappresenterebbe una deroga alla disciplina generale del codice penale, in quanto rende obbligatoria l’applicazione della confisca sia all’imputato che sia stato dichiarato colpevole, che all’imputato assolto o prosciolto per cause non concernenti la materialità del fatto (Cass. pen., sez. III, 11 gennaio 2012, n. 429; Cass. pen., sez. III, 7 luglio 2010, n. 25887; Cass. pen., sez. III, 19 ottobre 2007, n. 38724).
A seguito della depenalizzazione intervenuta nel 2016 (d.lgs. 8/2016), però, tutti i reati doganali puniti con la sola sanzione della multa o dell’ammenda erano stati trasformati in illeciti amministrativi: tra questi, anche il contrabbando semplice, che ricorre in caso di mancata osservanza di disposizioni doganali, senza, tuttavia, la presenza di circostanze aggravanti di cui all’art. 295 TULD.
Le Sezioni Unite, dunque, sono state chiamate a valutare se la depenalizzazione del contrabbando faccia venir meno l’obbligo di procedere alla confisca.
Nella prima vicenda esaminata dalla Corte, l’autore dell’illecito, avente ad oggetto un quadro di un noto pittore, pur avendo illegittimamente importato tale bene dalla Svizzera senza il pagamento dell’Iva dovuta, era stato assolto nel corso del giudizio penale, a causa dell’avvenuta depenalizzazione del reato di contrabbando semplice. L’Agenzia delle dogane ha comunque disposto la confisca del bene, della quale i ricorrenti hanno chiesto l’inapplicabilità. In ultimo grado di giudizio, la Corte di Cassazione ha ritenuto opportuno sottoporre la questione di valutare l’eventuale abrogazione della confisca, a seguito del procedimento di depenalizzazione, all’esame delle Sezioni Unite.
Analogamente, la seconda vicenda riguardava l’importazione non autorizzata, e relativa confisca, di un’autovettura di lusso concessa in leasing a una società svizzera, di cui veniva contestato il mancato pagamento di dazi e Iva all’importazione. La pronuncia di appello, che ha affermato la legittimità della confisca in base all’articolo 301 TULD, nonostante la depenalizzazione del contrabbando semplice, è stata successivamente confermata dalla Suprema Corte, la quale, anche in questa sede, ha comunque valutato l’opportunità di una analisi più puntuale della questione da parte delle Sezioni Unite.
Nelle pronunce in commento, viene sottolineata la fondamentale funzione della sanzione della confisca, avente natura di misura di sicurezza patrimoniale, con finalità special-preventiva.
Nello specifico, la confisca, tramite l’ablazione del bene, è finalizzata, da un lato, a neutralizzare l’attrattiva alla realizzazione dell’illecito ove lo stesso fosse lasciato nella disponibilità del contravventore, dall’altro a recuperare all’erario, nella misura più celere, il tributo dovuto.
Tale sanzione è sempre obbligatoria in caso di contrabbando, sia per i dazi che per l’omesso versamento dell’Iva all’importazione.
Quest’ultima, in particolare, pur essendo distinta dai dazi, è comunque soggetta alle disposizioni procedurali e sanzionatorie dettate per i diritti di confine, per il rinvio operato dall’art. 70 del citato decreto Iva.
Se, dunque, la confisca non è mai prevista per l’Iva interna nel caso di condotte sanzionate in via amministrativa, con riferimento all’Iva all’importazione, invece, la confisca si cumula alle sanzioni amministrative.
Il rischio temuto è, pertanto, quello di imporre un rigore sanzionatorio del tutto sproporzionato rispetto al fine ultimo di proteggere gli interessi finanziari unionali e la regolarità delle operazioni doganali.
Un possibile rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’Unione europea non appare supportato da sufficienti presupposti.
Tuttavia, i giudici dubitano della compatibilità dell’art. 70, d.p.r. 633/1972, con i principi di proporzionalità e ragionevolezza dell’articolo 3 della Costituzione, nonché dell’art. 49 Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, ritenendo eccessivo comminare la misura della confisca a prescindere dalla reale condotta del soggetto agente.
Trattandosi, infatti, di una misura unica e fissa, che si pone come obiettivo, non solo, quello di prevenire la reiterazione del reato, attraverso la sottrazione del bene, ma anche quello di recuperare l’importo del tributo dovuto e non versato, la confisca non permette un adattamento sanzionatorio a seconda delle circostanze del caso concreto, dovendosi, invece, mantenere un costante equilibrio tra la sanzione e la gravità dell’infrazione.
Secondo i giudici, la discrezionalità nella scelta del regime sanzionatorio incontra i limiti che derivano, da un lato, dal rispetto del diritto dell’Unione e, dunque, del principio di proporzionalità, posto che le misure repressive “consentite da una normativa nazionale non devono eccedere i limiti di ciò che è necessario al conseguimento degli scopi legittimamente perseguiti da tale normativa né essere sproporzionate rispetto ai medesimi scopi” (ex multis Corte di giustizia, 4 marzo 2020, Teritorialna direktsia “Severna morska” kam Agentsia Mitnitsi, C-655/18; Corte di giustizia, 22 marzo 2017, Euro-Team e Spiràl-Gép, C-497/15 e C-498/15) e, dall’altro, dalla conformità della disciplina ai principi costituzionali di proporzionalità e ragionevolezza ex articolo 3 Cost., che pure permeano la disciplina sanzionatoria.
Alla luce di tali evidenze, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno ritenuto necessario sollevare questione di legittimità costituzionale in merito all’applicabilità della confisca doganale ai beni importati senza il pagamento dell’Iva all’importazione.
Attesa l’autorevole pronuncia della Corte costituzionale anche con riguardo alla natura stessa dell’Iva all’importazione: sebbene, infatti, la via seguita dal legislatore con la riforma doganale, approvata in via preliminare dal Consiglio dei Ministri lo scorso 26 marzo, ora all’esame delle commissioni parlamentari, sia quella di ricomprendere l’Iva all’importazione tra i diritti di confine, resta da sciogliere il nodo sulla questione se sia legittima una disparità di trattamento tra Iva interna e Iva all’importazione.
Laureato presso l’Università di Parma, ha conseguito un Master in Diritto Tributario e un Master di specializzazione dall’accertamento al processo tributario presso la Scuola di Formazione Ipsoa. È iscritto all’Ordine degli Avvocati di Milano dal 2009. Nel 2011 entra nel team dello Studio Armella & Associati, di cui è socio dal gennaio 2020.
Settori di attività: contenzioso doganale, diritto tributario e commercio internazionale. Esperto di diritto doganale, con particolare riferimento alle tecniche di commercio internazionale, assiste grandi aziende e multinazionali con particolare riferimento alla consulenza e alla pianificazione doganale, all’implementazione delle procedure relative al commercio internazionale e alle certificazioni AEO.
È autore di numerosi articoli e pubblicazioni e collabora con associazioni di categoria in attività seminariali e congressuali.