Il Regolamento UE 2023/1115 introdurrà, dal 30 dicembre 2024, nuovi obblighi informativi e dichiarativi a carico delle imprese che importano o esportano prodotti derivati dal greggio (e non solo) andando a delineare un mutamento del quadro normativo attuale.

La tutela della biodiversità e la lotta alla deforestazione rappresentano i pilastri centrali del nuovo “Green Deal europeo”, un ambizioso pacchetto di iniziative politiche e normative proposte dalla Commissione europea a partire dal dicembre 2019. L’obiettivo è avviare l’Unione europea verso una transizione verde e raggiungere la neutralità climatica entro il 2050.

Com’è noto l’UE ha aderito anche all’Accordo di Parigi sui cambiamenti climatici, impegnandosi a ridurre, entro il 2030, i gas a effetto serra del 55% rispetto ai livelli raggiunti negli anni ‘90. Tra le misure previste da tale importante progetto vi è, oltre al CBAM (meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere), anche il contrasto alla deforestazione. Un obiettivo che si pone in linea anche con i principi enunciati nella “Dichiarazione delle Nazioni Unite sull’ambiente”, adottata a Rio nel 1992. In particolare, il legislatore Ue, ha sottolineato l’importanza della sensibilizzazione e della partecipazione dei cittadini dei Paesi membri alle questioni ambientali, nonché del ruolo essenziale dei popoli indigeni nella gestione dell’ambiente e nello sviluppo di questi territori. Principi fondamentali per garantire una gestione sostenibile delle foreste, come indicato nei considerando 10 e 22 del regolamento 2023/1115.

Come cambia la disciplina

Ma cosa cambia in concreto per le aziende e i professionisti? Il nuovo regolamento dell’Unione europea sostituisce integralmente il precedente Reg. UE 2010/955, stabilendo nuove direttive per il commercio di prodotti derivati dal legno. Il vecchio regolamento resterà in vigore fino al 31 dicembre 2027 per i prodotti in legno e derivati fabbricati prima del 29 giugno 2023 e immessi sul mercato a partire dal 30 dicembre 2024.

Allo stesso modo, il nuovo regolamento si applicherà, invece, anche ai prodotti in legno e derivati, fabbricati prima del 29 giugno 2023 ma distribuiti dopo il 31 dicembre 2027, a condizione che siano conformi alle disposizioni del nuovo regolamento. Conserva, invece, la sua efficacia il regolamento. UE 2005/2173, il quale istituisce un sistema di licenze noto come FLEGT (Forest Law Enforcement Governance and Trade) per regolare l’importazione di legname nell’Unione Europea. I legni coperti da una licenza FLEGT sono considerati conformi alle normative dell’UE riguardanti il commercio di legname e derivati, garantendo che siano stati ottenuti legalmente secondo le leggi del Paese di origine e contribuendo a contrasterà il commercio illegale. L’articolo 8, Reg. 2023/1115, disciplina l’aspetto più critico dal punto di vista degli operatori: la dichiarazione di due diligence. Per le imprese Ue interessate sarà quindi essenziale implementare un processo di dovuta diligenza accurato lungo l’intera catena di produzione, per valutare attentamente i rischi ambientali connessi alla fabbricazione dei prodotti derivati dalle materie prime indicate nel regolamento. Necessaria la raccolta di informazioni, dati e documenti essenziali per dimostrare la conformità dei prodotti interessati alla legislazione del Paese di produzione. Servirà dare prova del fatto che i prodotti che sono fabbricati o realizzati con materie prime indicate nel Regolamento siano stati ottenuti senza contribuire al degrado delle foreste o all’uso di terreni deforestati.

L’articolo 9 del regolamento UE 2023/1115, inoltre, impone agli operatori di raccogliere, organizzare e conservare, per cinque anni dalla data di immissione dei prodotti interessati sul mercato o della loro esportazione, le informazioni in grado di provare e certificare l’origine, la quantità e la descrizione dei prodotti interessati, comprendenti la denominazione commerciale. La descrizione dei prodotti dovrà includere l’elenco delle materie prime o dei prodotti interessati impiegati per la loro fabbricazione. Sono previsti, inoltre, maggiori obblighi informativi per gli operatori che commerciano prodotti che contengono o sono stati fabbricati usando il legno. Questi ultimi dovranno indicare anche il nome comune della specie e la denominazione scientifica completa. L’operatore sarà tenuto a indicare il Paese e la data di produzione, oltre a fornire la posizione geografica dei terreni nei quali sono state prodotte le materie prime utilizzate per la produzione.

Conseguenze per le imprese

I nuovi obblighi richiedono un’attenta due diligence sulla propria filiera produttiva. Il regolamento stabilisce, infatti, che l’immissione nel mercato è automaticamente esclusa nel caso in cui si sia verificata una deforestazione o un degrado forestale nei terreni di provenienza. Un’azienda, pertanto, può immettere sul mercato o esportare i prodotti interessati da questa normativa solo se all’esito di una scrupolosa valutazione, questa rivela un rischio per l’ambiente nullo o quantomeno trascurabile. Nello specifico, l’articolo 10 del Regolamento UE 2023/1115 impone all’operatore di effettuare una valutazione del rischio sulla base delle informazioni raccolte e di altri documenti pertinenti.

L’analisi del rischio

Nell’analisi delle informazioni raccolte, l’operatore dovrà tenere conto, inoltre, del livello di rischio che la Commissione UE attribuisce al Paese di produzione dei beni.

Il nuovo regolamento UE stabilisce, infatti, un sistema a tre livelli, volto ad assegnare una categoria di rischio a ciascun Paese, distinguendo tra quelli ad alto, medio e basso rischio. Tale classificazione si basa su una valutazione obiettiva e trasparente elaborata dalla Commissione europea, che tiene conto delle più recenti evidenze scientifiche e delle fonti di informazione internazionali accreditate. Sono stati considerati parametri quali il tasso di deforestazione, il degrado forestale, l’espansione dei terreni agricoli e la produzione delle materie prime coinvolte.

In relazione ai prodotti originari dei Paesi “a basso rischio”, gli operatori saranno autorizzati a produrre una due diligence semplificata, poiché esonerati dall’obbligo di valutazione del rischio. Per i prodotti provenienti dai Paesi “ad alto rischio”, sarà, invece, sempre necessario condurre una valutazione attenta e adottare adeguate misure di mitigazione per ridurre i rischi prima di immettere i prodotti interessati sul mercato. Tra le misure di mitigazione, sono previste la richiesta di informazioni, dati o documenti supplementari e, se necessario, lo svolgimento di indagini supportate economicamente dai fornitori, soprattutto dai piccoli proprietari terrieri.

Disposizioni particolariGli operatori sono, pertanto, a predisporre politiche, controlli e procedure adeguate ad arginare con efficacia i rischi di non conformità dei prodotti interessati, allo scopo di evitare sanzioni amministrative, nonché oltre alla confisca dei prodotti interessati e dei proventi ottenuti.

Il Legislatore europeo ha, inoltre, previsto una specifica agevolazione per gli operatori che al 31 dicembre 2020 erano costituiti come micro, piccole e medie imprese (PMI) definite dalla direttiva 2013/34/UE. Tali imprese possono fare riferimento a dichiarazioni di dovuta diligenza già presentate da altri operatori economici, a condizione che sia stata esercitata la due diligence in conformità con le normative vigenti. Tuttavia, le PMI devono comunque implementare la propria catena di produzione con misure adeguate di dovuta diligenza per le parti di prodotti interessati che non sono coperte da dichiarazioni già esistenti. Per quanto concerne le altre imprese, ossia quelle che non rientrano nella categoria delle PMI, esse possono fare riferimento alle dichiarazioni di due diligence già presentate soltanto dopo aver verificato che la dovuta diligenza relativa ai prodotti interessati contenuti o fabbricati a partire da essi è stata esercitata in conformità con le normative europee.

Il ruolo dello sportello unicoAl fine di consentire un controllo efficace ed efficiente da parte delle Dogane, il regolamento individua lo Sportello unico dell’Unione europea per le dogane (Su.do.co.) come il “candidato naturale” per il trasferimento automatico di dati tra i sistemi doganali e i sistemi di informazione delle autorità competenti. Introdotto dal Reg. UE 2022/2399, tale strumento rappresenta un sistema integrato di servizi elettronici interoperabili a livello nazionale ed UE, che consente alle autorità doganali e alle altre amministrazioni vigilanti sulle operazioni internazionali di scambiare le informazioni richieste per lo sdoganamento e di operare un controllo automatizzato ed efficiente. In tal modo, è possibile superare la segmentazione dei controlli doganali dovuta alla suddivisione di competenze tra le diverse amministrazioni coinvolte nello sdoganamento, garantendo il coordinamento telematico di tutti i procedimenti amministrativi connessi all’import e all’export.

Laureato in Giurisprudenza presso l’Università di Genova, ha frequentato il corso di perfezionamento in Diritto Tributario presso l’Università di Genova e il Master in Diritto Tributario presso l’Università Cattolica di Milano.

Iscritto all’Ordine degli Avvocati di Genova, dopo una lunga esperienza presso un noto studio legale specializzato in fiscalità indiretta, dal 2019 entra a far parte del team dello Studio Armella & Associati.

È autore di numerosi articoli e svolge attività di docenza in seminari e corsi di formazione in materia tributaria.

È membro del gruppo di lavoro Accise della Sezione Italiana della International Chamber of Commerce.