Corte di Giustizia, Sezione VIII, sentenza 20/10/2022, causa C-542/21 – Pres. f.f. e Rel. Piçarra – «Microtikls» SIA c/ Valsts ieņēmumu dienests

Tariffa doganale comune – Nomenclatura combinata – Classificazione doganale – Voce 8517 – Sottovoci 8517 70 11 e 8517 70 19 – Antenne per apparecchi di routing

 

La sottovoce 8517 70 11 della tariffa doganale comune, nella versione modificata dal regolamento di esecuzione (UE) n. 927/2012 della Commissione, del 9 ottobre 2012, e dal regolamento di esecuzione (UE) n. 1001/2013 della Commissione, del 4 ottobre 2013, deve essere interpretata nel senso che essa non comprende le antenne per apparecchi di routing, che sono configurati per la comunicazione in reti locali (LAN) e/o in reti estese (WAN).

Tra il 2013 e il 2014 la Mikrotīkls ha dichiarato che merci presentate come “antenne per router e loro parti” rientravano, ai fini della loro immissione in libera pratica, nella sottovoce 8517 70 11 della Nomenclatura Combinata (NC), relativa alle «antenne destinate ad apparecchi di radiotelefonia o radiotelegrafia», con dazio all’importazione dello 0%.

Il 29 gennaio 2016, l’amministrazione finanziaria della Lettonia ha revisionato le bolle di importazione, in quanto ha deciso che tali merci, tenuto conto delle loro caratteristiche essenziali e della struttura della voce 8517 della NC, in combinato disposto con le note esplicative del Sistema Armonizzato (SA), non potevano essere classificate nella sottovoce 8517 70 11 della NC, poichè sia la NC che il SA operano una distinzione tra, da un lato, gli apparecchi di radiotelegrafia o di radiotelefonia e, dall’altro, i router, in quanto questi ultimi corrispondono ad apparecchi di comunicazione distinti, configurati per essere utilizzati in reti locali (LAN) e/o in reti estese (WAN). Di conseguenza, le antenne per router e le loro parti dovrebbero essere classificate nella sottovoce 8517 70 19 della NC, quali «altre» antenne e riflettori di antenne e parti di cui è riconoscibile che vengono utilizzate congiuntamente con tali articoli, ed essere assoggettate all’applicazione di un’aliquota di dazi all’importazione del 3,6%.

La Mikrotīkls contestava in giudizio la decisione con un ricorso respinto sia in primo che in secondo grado. La Corte Suprema della Lettonia, parimenti adita dalla Società, ha invece deciso di sospendere il giudizio chiedendo alla Corte di Giustizia di chiarire l’interpretazione della sottovoce NC 8517 70 11.

Il giudice del rinvio ha considerato, da un lato, che i router, come quelli fabbricati dalla Mikrotīkls, rientrano nella sottovoce 8517 62 00 della NC, in quanto «apparecchi di routing». Sulla base della nota 2, lettera b), della sezione XVI dell’allegato I, detto giudice si è chiesto se le parti degli apparecchi rientranti in tale sottovoce dovessero essere classificate con tali apparecchi nella stessa sottovoce.

Dall’altro lato, tale giudice si è chiesto, tuttavia, se le antenne per apparecchi di routing dovessero essere classificate nella sottovoce 8517 70 11 della NC, quali «antenne destinate ad apparecchi di radiotelefonia o radiotelegrafia» o dovessero essere classificate nella sottovoce 8517 70 19 della NC, in quanto «altre» antenne per apparecchi rientranti nella voce 8517 della NC.

Nel rispondere con il principio di cui alla massima, la Corte ha premesso che, conformemente alla regola generale 1 per l’interpretazione della NC, la classificazione delle merci è determinata dal testo delle voci e delle note premesse alle sezioni o ai capitoli di tale nomenclatura. Per garantire la certezza del diritto e facilitare i controlli, il criterio decisivo per la classificazione tariffaria delle merci va ricercato, in linea di principio, nelle loro caratteristiche e proprietà oggettive, quali definite nel testo della voce di detta nomenclatura e delle note premesse alle sezioni o ai capitoli. La destinazione del prodotto può costituire un criterio oggettivo di classificazione, ove sia inerente a detto prodotto; l’inerenza deve potersi valutare in funzione delle caratteristiche e delle proprietà oggettive di esso.

Inoltre, la Corte ha ripetutamente dichiarato che, nonostante il fatto che le note esplicative del SA e della NC non siano vincolanti, esse costituiscono strumenti importanti per garantire l’applicazione uniforme della tariffa doganale comune e, in quanto tali, forniscono un valido orientamento per la sua interpretazione.

Passando alla questione sottopostale, la Corte ha osservato che dalla voce 8517 della NC risulta che le parti delle merci comprese in tale voce sono classificate in una sottovoce specifica della NC, vale a dire la sottovoce 8517 70 relativa alle «parti», sicchè le antenne per apparecchi di routing non possono essere classificate nella sottovoce 8517 62 00 della NC, in cui rientrano tali apparecchi.

Poiché tali antenne non sono espressamente menzionate in nessuna sottovoce a otto cifre della voce 8517 della NC, la Corte si è posta la questione se esse debbano essere classificate come «antenne destinate ad apparecchi di radiotelefonia o radiotelegrafia», ai sensi della sottovoce 8517 70 11 della NC, o come «altre» antenne, ai sensi della sottovoce 8517 70 19 di quest’ultima, che ha carattere residuale.

Al fine di rispondere a tale questione, la Corte ha rilevato che la nozione di «apparecchi di radiotelefonia o di radiotelegrafia», ai sensi della voce 8517 della NC, non comprende gli «apparecchi di routing». Da un lato, infatti, tali apparecchi sono classificati nella sottovoce 8517 62 00 della NC. Per contro, gli «apparecchi riceventi per la radiotelefonia o la radiotelegrafia» sono classificati, secondo i casi, nella sottovoce 8517 69 31 («apparecchi riceventi tascabili per installazione di chiamata, d’allarme o di ricerca di persone») o nella sottovoce 8517 69 39 («altri») della NC, mentre gli «altri» apparecchi di radiotelefonia o radiotelegrafia, compresi gli apparecchi per l’emissione o la trasmissione della voce, di immagini o di altri dati, rientrano nella sottovoce NC 8517 69 90.

Tali constatazioni, ad avviso della Corte, sono corroborate dalle note esplicative della NC. Infatti, le note esplicative relative alla sottovoce 8517 62 00 della NC menzionano, al secondo comma, punto 6, i «router», mentre quelle relative alle sottovoci 8517 69 39 e 8517 69 90 della NC contengono ciascuna un elenco di apparecchi di radiotelefonia o di radiotelegrafia che svolgono, rispettivamente, funzioni di ricezione della voce, di immagini o di altri dati e funzioni di emissione o di trasmissione della voce, di immagini o di altri dati.

Analogamente, la sezione II delle note esplicative del SA alla voce 8517 fa riferimento, al punto F, agli «apparecchi di emissione, di trasmissione e di ricezione per la radiotelefonia e la radiotelegrafia» e, al punto G, agli «altri dispositivi di comunicazione», descritti come «apparecchi per la comunicazione su una rete con fili o senza fili (quale una rete locale o estesa) o l’emissione, la trasmissione o la ricezione di parole o altri suoni, di immagini o di altri dati in tali reti», tra i quali sono espressamente citati i «router», al punto 3 di detto punto G.

Dato che la sottovoce 8517 70 11 della NC non può essere interpretata nel senso che essa comprende le antenne per apparecchi di routing, in quanto tali antenne non sono assimilabili a «antenne destinate agli apparecchi di radiotelefonia o di radiotelegrafia», per la Corte occorre interpretare la sottovoce residuale 8517 70 19 della NC nel senso che dette antenne rientrano in quest’ultima sottovoce.

Corte di Giustizia, Sezione IX, sentenza 8/9/2022, causa C-368/21 – Pres. Rodin, Rel. Spineanu-Matei – R.T. c/ Hauptzollamt Hamburg

Codice doganale dell’Unione – Luogo in cui sorge l’obbligazione doganale – Imposta sul valore aggiunto (IVA) – Direttiva 2006/112/CE – Articolo 30 – Articolo 60 – Articolo 71, paragrafo 1 – Fatto generatore ed esigibilità dell’IVA all’importazione – Luogo in cui sorge l’obbligazione tributaria – Constatazione dell’inosservanza di un obbligo imposto dalla normativa doganale dell’Unione – Determinazione del luogo di importazione dei beni – Mezzo di trasporto immatricolato nel paese terzo e introdotto nell’Unione europea in violazione della normativa doganale

 

Gli articoli 30 e 60 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, come modificata dalla direttiva (UE) 2018/2057 del Consiglio, del 20 dicembre 2018 devono essere interpretati nel senso che, ai fini dell’imposta sul valore aggiunto, il luogo dell’importazione di un veicolo immatricolato in uno Stato terzo e introdotto nell’Unione europea in violazione della normativa doganale si trova nello Stato membro in cui l’autore dell’inosservanza degli obblighi imposti dalla normativa doganale risiede e utilizza effettivamente il veicolo.

Nel gennaio 2019 il Sig. R.T., domiciliato in Germania, ha acquistato in Georgia un veicolo e l’ha immatricolato in tale paese. Nel marzo 2019 R.T. si è recato con il veicolo in parola dalla Georgia alla Germania, attraversando la Turchia, la Bulgaria, la Serbia, l’Ungheria e l’Austria, senza aver dichiarato detto veicolo presso un Ufficio doganale di importazione.

In Germania R.T. ha utilizzato il veicolo, che è stato segnalato più volte nel tempo, sia nell’ambito di una verifica da parte di un’unità di controllo dell’Ufficio doganale che in occasione di un’infrazione al codice della strada.

Nel maggio 2019 la dogana ha imposto a R.T., con un avviso di accertamento, il pagamento di un importo di EUR 4 048,13 a titolo di dazi doganali e di un importo di EUR 8 460,59 a titolo di IVA. Il debitore ricorreva al Finanzgericht Hamburg (Tribunale tributario di Amburgo, Germania), decidendo di contestare soltanto l’importo dell’IVA all’importazione.

Non nutrendo dubbi sulla competenza delle autorità tedesche a riscuotere l’obbligazione doganale, il Finanzgericht Hamburg (Tribunale tributario di Amburgo) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte, per quanto qui interessa, una questione pregiudiziale con cui ha chiesto, in sostanza, se gli articoli 30 e 60 della direttiva 2006/112 dovessero essere interpretati nel senso che, ai fini dell’IVA, il luogo dell’importazione di un veicolo immatricolato in uno Stato terzo e introdotto nell’Unione in violazione della normativa doganale si trova nello Stato membro in cui è stata commessa tale infrazione e in cui detto veicolo è stato utilizzato per la prima volta nell’Unione, oppure nel senso che detto luogo di importazione si trova nello Stato membro in cui l’autore dell’inosservanza degli obblighi imposti dalla normativa doganale risiede e utilizza effettivamente il veicolo.

Nel rispondere nel senso di cui alla massima, la Corte ha osservato che, conformemente all’articolo 2, paragrafo 1, lettera d), della direttiva IVA, sono soggette all’IVA le importazioni di beni. Ai sensi dell’articolo 30, primo comma, di tale direttiva, si considera «importazione di beni» l’ingresso nell’Unione di un bene che non è in libera pratica. Per quanto riguarda il luogo dell’importazione, l’articolo 60 della suddetta direttiva dispone che quest’ultima è effettuata nello Stato membro nel cui territorio si trova il bene nel momento in cui entra nell’Unione.

Qualora i beni importati siano assoggettati a dazi, l’articolo 71, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva 2006/112 autorizza gli Stati membri a collegare il fatto generatore e l’esigibilità dell’IVA all’importazione a quelli dei dazi o prelievi. Infatti, l’IVA all’importazione e i dazi o prelievi presentano caratteristiche essenziali comparabili, in quanto essi traggono origine dal fatto dell’importazione nell’Unione e della susseguente introduzione delle merci nel circuito economico degli Stati membri.

Pertanto, un’obbligazione a titolo di IVA può aggiungersi all’obbligazione doganale qualora il comportamento illecito che ha generato quest’ultima permetta di presumere che le merci in questione sono entrate nel circuito economico dell’Unione e hanno potuto essere oggetto di consumo, determinando così il realizzarsi del fatto generatore dell’IVA.

Tuttavia, detta presunzione può essere rovesciata se viene dimostrato che, malgrado le violazioni della normativa doganale, che determinano la nascita di un’obbligazione doganale all’importazione nello Stato membro in cui tali violazioni sono state commesse, un bene è stato introdotto nel circuito economico dell’Unione nel territorio di un altro Stato membro, nel quale tale bene era destinato al consumo. In questo caso, il fatto generatore dell’IVA all’importazione si verifica in tale altro Stato membro.

Nel caso di specie, la Corte ha rilevato che, dalla domanda di pronuncia pregiudiziale, emerge che R.T., in occasione del suo tragitto dalla Georgia verso la Germania, effettuato nel marzo 2019, ha guidato la sua auto attraverso la Bulgaria, passando poi per la Serbia, l’Ungheria e l’Austria. R.T. ha la sua residenza in Germania, paese in cui egli ha utilizzato detto veicolo a partire dal marzo 2019 e almeno fino all’ottobre 2020.

In considerazione della dottrina della sentenza del 3 marzo 2021, Hauptzollamt Münster (Luogo in cui sorge l’IVA), causa C‑7/20, la Corte ha concluso che tale veicolo, nonostante il suo primo utilizzo e il suo ingresso fisico nel territorio dell’Unione in Bulgaria a fini di transito, sia stato effettivamente utilizzato nello Stato membro della sua destinazione, nel caso di specie in Germania. Di conseguenza, poiché il veicolo è entrato nel circuito economico dell’Unione in quest’ultimo Stato membro, l’importazione dello stesso, ai sensi degli articoli 30 e 60 della direttiva 2006/112, è avvenuta nel medesimo Stato membro.

Tale conclusione – ad avviso della Corte – non è inficiata dalla circostanza, fatta presente dal giudice del rinvio, che il primo utilizzo del veicolo nel territorio dell’Unione come mezzo di trasporto equivarrebbe al suo «consumo», fatto generatore dell’IVA o costituirebbe, perlomeno, una tappa in tale consumo, il che implicherebbe che, nel caso di specie, il veicolo sia entrato nel circuito economico dell’Unione in Bulgaria.

La Corte ha rilevato infatti che, nonostante il suo ingresso materiale in uno Stato membro, un bene può considerarsi introdotto nel circuito economico dell’Unione nel territorio di un altro Stato membro qualora il bene in parola sia «destinato al consumo» in detto Stato membro.

Un veicolo immatricolato in un paese terzo che non può essere «consumato», ma che è stato utilizzato dal soggetto passivo per transitare da tale paese allo Stato membro della sua residenza – in cui il veicolo è stato effettivamente e durevolmente utilizzato – può considerarsi entrato nel circuito economico dell’Unione in detto Stato membro. Infatti, sebbene non sia stato oggetto di trasporto esso stesso nello Stato membro in parola e sia stato utilizzato come mezzo di trasporto nello Stato membro del suo ingresso fisico nel territorio dell’Unione, il bene di cui trattasi è stato utilizzato in quest’ultimo Stato membro solo per trasferirlo nello Stato membro della sua destinazione finale ai fini del suo effettivo e duraturo uso in quest’ultimo. Al riguardo, occorre osservare che il luogo di residenza dell’utilizzatore può servire da indizio per un siffatto utilizzo.

Già partner per oltre 12 anni in altro prestigioso studio legale tributario italiano, si occupa di diritto doganale e delle accise e di IVA, fornendo consulenza alle imprese ed assistenza innanzi alle autorità giudiziarie italiane e dell’Unione europea in caso di contenziosi.
E’ docente in corsi di formazione in materia doganale e processuale tributaria e dal 2008 al 2016 ha insegnato, quale aggiunto della materia “Legislazione e servizi in materia di dogane”, presso l’Accademia della Guardia di Finanza. Già docente a contratto di “Diritto doganale” presso alcune Università italiane, è autore di articoli, note a sentenze e monografie.