Non c’è immissione sul mercato se non si sono conclusi i controlli doganali all’importazione. È questo il principio stabilito dal Tribunale di Genova (sentenza 1° ottobre 2024, n. 2513), che ha annullato le ingenti sanzioni irrogate dalla Città metropolitana per una presunta violazione della normativa nazionale in materia di RAEE (rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche).

Si tratta di un precedente importante, destinato a riflettersi sulle sempre più frequenti contestazioni sorte a seguito dell’importazione nel territorio nazionale di AEE, pile e accumulatori elettrici.

Com’è noto, le apparecchiature elettriche ed elettroniche (AEE) sono disciplinate dalla direttiva UE 2012/19 (in Italia recepita dal d.lgs. 49/2014) che regola gli effetti per l’ambiente dei rifiuti di AEE e prevede rigide sanzioni nel caso in cui non siano rispettati specifici requisiti di conformità. Analoghe disposizioni sono previste per le pile e gli accumulatori elettrici (direttiva CE 2006/66, recepita in Italia dal d.lgs. 188/2008, e dal Reg. UE 2023/1542).

I requisiti di conformità previsti da tali norme sono finalizzati a garantire il corretto smaltimento dei rifiuti di prodotti potenzialmente dannosi. L’Ente incaricato di effettuare le verifiche all’atto dello sdoganamento è l’Agenzia delle dogane, talvolta coadiuvata dalla Guardia di Finanza, mentre per l’applicazione delle sanzioni sono competenti la Città metropolitana o la Camera di Commercio.

Le contestazioni in materia di AEE e pile comportano l’irrogazione di sanzioni estremamente gravose e sproporzionate rispetto al valore della merce. La sanzione irrogata può arrivare al 300-400% del valore delle apparecchiature.

Sia la disciplina unionale che quella nazionale stabiliscono che tutti i “produttori” che “immettono sul mercato” apparecchiature elettroniche o pile sono tenuti a osservare una serie di obblighi relativi alla conformità di tali prodotti.

Rientrano nella definizione di “produttore”, non soltanto le Società stabilite in Italia che fabbricano tali beni, ma anche coloro che li commercializzano sul mercato nazionale con il proprio nome o marchio di fabbrica. Sono considerati “produttori”, pertanto, anche i semplici importatori e i rivenditori di merci provenienti da stabilimenti extra-UE. Nella definizione rientrano anche i rivenditori stabiliti in un altro Stato membro o in un Paese terzo extra-UE, che effettuano operazioni di importazione sul mercato nazionale, anche in modalità e-commerce.

Tutti i soggetti che svolgono un’attività riconducibile alla definizione di “produttore” sono tenuti all’iscrizione all’apposito “Registro RAEE” (o al “Registro nazionale pile” in caso di prodotti soggetti al d.lgs. 188/2008) e devono contribuire alla corretta raccolta e allo smaltimento dei prodotti in commercio.

Il concetto di “immissione sul mercato”, secondo requisito sostanziale per l’applicazione delle sanzioni in materia di RAEE e pile, è definito come la “prima messa a disposizione” del prodotto sul mercato nazionale, ossia il momento in cui il bene importato è destinato all’uso o al consumo sul territorio nazionale a titolo oneroso o gratuito (art. 4 d.lgs. 49/2014 e art. 2 d.lgs. 188/2008).

L’individuazione del momento in cui si realizza l’immissione sul mercato, tuttavia, suscita non pochi dubbi interpretativi.

La Commissione europea, con un orientamento del 2011 sulla conformità dei prodotti all’importazione, ha evidenziato che l’“immissione in libera pratica” non coincide con l’“immissione sul mercato”. Quest’ultima, infatti, può non aver luogo se il prodotto non ha ancora ottenuto dalle Autorità doganali lo svincolo per l’immissione in libera pratica.

A chiarire ulteriormente il concetto di “immissione sul mercato” è intervenuta la Guida blu all’attuazione della normativa UE sui prodotti, pubblicata dalla Commissione UE nel 2022. Tale guida chiarisce che un bene non si considera immesso sul mercato se si trova nei magazzini dell’importatore.

L’indirizzo della Commissione europea è stato confermato anche da una recente risposta a interpello del Ministero dell’Ambiente (MASE). Ad avviso del Ministero, il momento di configurazione dell’immissione sul mercato è successivo a quello dell’autorizzazione all’immissione in libera pratica nel territorio nazionale.

La risposta a interpello del MASE ribadisce il principio espresso dalla Commissione UE, chiarendo che se la merce è stata svincolata per l’immissione in libera pratica e si trova ancora nel magazzino dell’importatore e/o del produttore, non ha luogo l’immissione sul mercato.

Discostandosi da tali principi, nel caso analizzato dal Tribunale genovese, la Città metropolitana aveva ritenuto che la mera presentazione della merce presso la Dogana potesse determinare l’immissione sul mercato. L’autorità aveva contestato, quindi, la violazione delle disposizioni di cui al d.lgs. 49/2019, irrogando una sanzione amministrativa nei confronti dell’importatore.

Con la sentenza in commento, il Tribunale di Genova ha annullato la sanzione irrogata dalla Città metropolitana, recependo l’indirizzo già espresso dalla Commissione e dal MASE. La sentenza, in particolare, fornisce alcuni importanti chiarimenti su tali concetti, precisando che non solo sussiste una netta distinzione tra le due fasi dell’importazione, ma è presente anche un vero e proprio rapporto di subordinazione tra le stesse. Se non si è realizzata l’immissione in libera pratica, non vi è nemmeno immissione sul mercato nazionale del prodotto, in quanto, quest’ultima, rappresenta una fase successiva e subordinata.

Nel caso in esame, per la merce oggetto di contestazione, l’operatore aveva presentato una dichiarazione di importazione presso la Dogana competente. L’Ufficio, però, non aveva sdoganato la merce, perché all’esito di un controllo, aveva ritenuto le merci non conformi alla normativa dell’Unione europea, dichiarando “esito difforme”.

Mancando il nulla osta dell’Agenzia delle dogane che avrebbe consentito lo svincolo e la relativa immissione in libera pratica dei beni importati, non si è potuta realizzare la successiva immissione sul mercato nazionale. A fronte di tali considerazioni, il giudice ha annullato l’ordinanza-ingiunzione con la quale la Città metropolitana aveva irrogato la sanzione amministrativa all’importatore.

Sulla scia di tale importante precedente, anche altre sentenze hanno ritenuto che l’immissione sul mercato debba essere letta in considerazione delle disposizioni sovranazionali che ne regolano la portata applicativa, ribadendo che tale fase dell’importazione non possa ritenersi realizzata se le merci oggetto di sanzioni non hanno nemmeno superato i controlli (cfr. Trib. Genova, 16 ottobre 2024, n. 2639; Trib. Genova, 16 ottobre 2024; Trib. Bergamo, 16 ottobre 2024, n. 1900).

Laureato in Giurisprudenza presso l’Università di Genova, ha frequentato il corso di perfezionamento in Diritto Tributario presso l’Università di Genova e il Master in Diritto Tributario presso l’Università Cattolica di Milano.

Iscritto all’Ordine degli Avvocati di Genova, dopo una lunga esperienza presso un noto studio legale specializzato in fiscalità indiretta, dal 2019 entra a far parte del team dello Studio Armella & Associati.

È autore di numerosi articoli e svolge attività di docenza in seminari e corsi di formazione in materia tributaria.

È membro del gruppo di lavoro Accise della Sezione Italiana della International Chamber of Commerce.