In data 24 settembre 2024, la Commissione europea ha pubblicato le linee guida con cui il G7 invita gli operatori e le imprese unionali a prestare particolare attenzione a tali pratiche elusive, utilizzando strumenti di screening per implementare le necessarie procedure di due diligence. Tale documento introduce una serie di indicatori di rischio (“red flag”) relativi alla possibile elusione dei controlli sulle esportazioni e delle misure restrittive, oltre a un elenco di cautele che le imprese sono tenute ad adottare.
A partire da febbraio 2022, l’Unione europea e gli altri Paesi del G7, hanno istituito il sistema dei controlli sulle esportazioni e sulle sanzioni che limitano l’accesso della Russia a determinati beni e servizi che potrebbero essere utilizzati per sostenere le operazioni militari e l’invasione dell’Ucraina.
All’attuazione di tali controlli hanno partecipato anche i Paesi del Global Export Control Coalition (GECC), un’organizzazione internazionale composta da 39 Stati, la quale ha adottato misure restrittive simili a quelle imposte dai Paesi del G7 alla Russia.
Nel febbraio del 2023, inoltre, è stato istituito un organismo di controllo sull’applicazione delle misure sanzionatore (ECM), del quale fanno parte i rappresentanti dei Paesi membri del G7, utilizzato per rafforzare la conformità e l’applicazione delle misure all’esportazione verso la Russia. All’interno di tale organismo è stato istituito un gruppo di lavoro che ha il compito di condividere informazioni e risultati operativi derivanti dall’applicazione delle sanzioni, fornendo, a operatori e imprese, gli strumenti necessari per prevenire l’elusione.
I Paesi membri del G7 sono consapevoli delle pratiche elusive e ritengono fondamentale che tutti soggetti che fanno parte di una supply chain (esportatori, produttori, fornitori di servizi, trasportatori ecc.) siano a conoscenza dei rischi di dirottamento delle merci verso il territorio della Federazione russa e dei metodi per contrastare tale fenomeno.
Già nel corso del 2024, l’Unione europea, ha previsto alcune importanti misure per limitare il rischio di triangolazioni con l’introduzione della c.d. “no Russia clause” (art. 12 octies Reg. UE 833/2014).
Tale clausola contrattuale impedisce ai Paesi extra-UE, che acquistano da esportatori UE di riesportare in Russia i beni acquistati e costituisce uno dei requisiti di compliance doganale che gli operatori devono rispettare per garantire una corretta applicazione delle sanzioni.
Di recente, il Reg. UE 2024/1745 (quattordicesimo pacchetto), ha aggiornato la lista dei Paesi extra-UE verso i quali non è obbligatorio inserire la “no Russia clause”, includendo Liechtenstein e Islanda.
L’introduzione della “no Russia clause”, in ogni caso, non esaurisce gli obblighi dell’esportatore unionale legati all’applicazione del sistema sanzionatorio alla Russia. Gli operatori devono, infatti, applicare la dovuta diligenza a tutte le operazioni di export.
Per tale motivo è intervenuto il G7, individuando alcune red flag e metodologie per operatori e imprese UE finalizzate al rispetto dell’applicazione delle misure restrittive.
Le nuove linee guida aggiornano, inoltre, il contenuto della precedente guida UE contro le pratiche elusive, pubblicata a ottobre 2023, la quale aveva introdotto, a livello europeo, un primo vademecum sulle pratiche che operatori e imprese sono tenuti a osservare per garantire la corretta applicazione delle sanzioni.
Il documento di orientamento del G7 introduce la c.d. List of common high priority items (CHPL), ossia un elenco di beni ad “alto rischio” considerati di particolare interesse per gli scopi militari della Federazione Russa. Tali beni sono, per esempio, circuiti integrati, i quali giocano un ruolo fondamentale nella produzione di sistemi avanzati e armi di precisione; strumenti di comunicazione; componenti meccanici; attrezzature per la fabbricazione, produzione e test di qualità di componenti elettrici, nonché macchine e utensili a controllo numerico computerizzato (CNC).
Le linee guida del G7 individuano, inoltre, una serie di indicatori, c.d. “red flag”, ossia segnali al ricorrere dei quali, gli operatori UE, dovrebbero compiere una maggiore e più approfondita due diligence, allo scopo di escludere qualunque connessione tra il proprio acquirente e la Federazione russa. Tali indicatori di rischio possono essere, per esempio, la presentazione di falsa documentazione doganale da parte dell’acquirente oppure la sottovalutazione dei beni oggetto di esportazione o l’indicazione di un’errata voce di classifica.
Altre “red flag” possono essere rappresentate da cambiamenti improvvisi dell’attività commerciale del proprio acquirente dopo il 24 febbraio 2022, oppure, ancora, i tentativi del compratore di nascondere l’identità o la posizione geografica dell’utente finale.
Qualora, nonostante le cautele adottate, l’operatore UE dovesse ancora nutrire dei dubbi sull’utilizzo finale del bene esportato, le linee guida del G7 consigliano di astenersi dall’operazione e, di conseguenza, trasmettere le informazioni acquisite alla Dogana del proprio Paese.
Risulta fondamentale, pertanto, attenersi a tali misure di cautela commerciale dal momento che, attualmente, in forza dei vari provvedimenti e pacchetti sanzionatori, se un soggetto viola le sanzioni è prevista la pena della reclusione fino a sei anni (art. 20, d.lgs. 221/2017).
I doganalisti, in tal senso, rivestono un ruolo fondamentale per il corretto svolgimento dell’operazione doganale in quanto, rappresentando degli intermediari qualificati tra Amministrazione finanziaria e imprese, sono responsabili della gestione del contenuto della documentazione da presentare all’esportazione.
Il doganalista che dovesse trovarsi a curare l’esportazione di un prodotto che, successivamente, venga dirottato verso la Federazione russa sarà responsabile della violazione delle misure sanzionatorie dell’UE e, pertanto, punibile ai sensi dell’art. 20, d.lgs. 221/2017.
Per evitare l’applicazione delle sanzioni penali, il doganalista è tenuto a osservare le disposizioni di ben tre regolamenti dell’Unione europea (Reg. UE 833/2014, Reg. UE 269/2014 e Reg. UE 765/2006). La complessità e l’ampiezza della normativa, tuttavia, possono facilmente indurre in errore il doganalista che non adotta le dovute cautele e le relative procedure di due diligence presenti nel documento di orientamento del G7.
Occorre tenere presente, infatti, che la violazione dell’art. 20 d.lgs. 221/2017 comporta l’emissione di un verbale di contestazione penale, con conseguente verbale di conoscenza del procedimento, nomina del difensore e dichiarazione di domicilio, oltre a prevedere l’immediato sequestro della merce oggetto di esportazione, ai sensi dell’art. 21 bis d.lgs. 221/2017.
Laureato in Giurisprudenza presso l’Università di Genova, ha frequentato il corso di perfezionamento in Diritto Tributario presso l’Università di Genova e il Master in Diritto Tributario presso l’Università Cattolica di Milano.
Iscritto all’Ordine degli Avvocati di Genova, dopo una lunga esperienza presso un noto studio legale specializzato in fiscalità indiretta, dal 2019 entra a far parte del team dello Studio Armella & Associati.
È autore di numerosi articoli e svolge attività di docenza in seminari e corsi di formazione in materia tributaria.
È membro del gruppo di lavoro Accise della Sezione Italiana della International Chamber of Commerce.