Come è noto, il tema della diligenza qualificata nell’attività dello Spedizioniere doganale risulta centrale nella determinazione dei limiti alla sua responsabilità. Il referente normativo, a livello civilistico, è l’art. 1176 c.c. in tema di adempimento delle obbligazioni, che delinea la distinzione tra diligenza ordinaria o del buon padre di famiglia e diligenza qualificata, esigibile in capo a chi esercita un’attività professionale: entrambe costituiscono parametri di valutazione del comportamento del debitore e di apprezzamento dell’esattezza della prestazione dovuta. La diligenza del buon padre di famiglia, già nota nel diritto romano (diligentia in quam suis), consiste nell’atteggiamento di normale cautela che è proprio di un uomo medio, mentre la diligenza qualificata è quella specifica del professionista in relazione alla natura dell’attività esercitata.

La definizione di diligenza qualificata opera, pertanto, come una formula aperta, quale rinvio alla diligenza esigibile in relazione alla specifica categoria a cui appartiene l’operatore e alle regole tecniche che presidiano la corretta esecuzione delle prestazioni proprie della stessa categoria: esiste pertanto la diligenza qualificata del medico, del notaio, dell’agente, dell’avvocato, ecc.

L’impatto della valutazione della diligenza qualificata sulla responsabilità dello Spedizioniere doganale si misura nella disciplina delle sanzioni amministrative tributarie. La giurisprudenza rileva che la responsabilità del rappresentante indiretto dell’importatore implica per il rappresentante l’obbligo di vigilare, con la diligenza qualificata da confrontare con la natura dell’attività esercitata, sull’esattezza delle informazioni fornite dal mandante. Essendo richiesta la diligenza qualificata secondo lo specifico parametro dell’art. 1176, comma 2, c.c., la negligenza del comportamento sanzionabile (es. l’erroneità della dichiarazione) non deve derivare da colpa.

Come è noto, nella prassi (circolare 22/D, del 2015) si ritiene configurabile l’errore incolpevole del rappresentante doganale in tutte quelle ipotesi nelle quali lo spedizioniere doganale o l’intermediario presentino dichiarazioni doganali contenenti elementi rivelatisi successivamente errati forniti dal proprietario delle merci e la cui inesattezza non poteva emergere dalla valutazione professionale operata, secondo i parametri di cui all’art.1176, 2 comma c.c. Anche in tempi recenti (cfr. Cass., 2703 del 2024) si è ritenuto che lo spedizioniere rappresentante indiretto risponda delle obbligazioni doganali in solido con l’importatore per il fatto di aver reso la dichiarazione in proprio, ancorché per conto di quest’ultimo: si è al riguardo osservato che la responsabilità del rappresentante indiretto non è qualificabile come responsabilità oggettiva in quanto egli è abilitato ad esimersi, in tutto o in parte, da essa fornendo la prova di aver agito nella scrupolosa osservanza dei doveri, segnatamente d’informazione, derivante dalla diligenza qualificata. A questo ultimo riguardo, l’inversione dell’onere della prova rileva anche sul piano sanzionatorio amministrativo: l’art. 11, comma 2, d.lgs. 472 del 1997 prevede, infatti, che, fino a prova contraria, si presuma autore della violazione chi ha sottoscritto ovvero compiuto gli atti illegittimi.

La diligenza qualificata è insita nell’attività del professionista che fa corretta applicazione delle regole proprie del settore di appartenenza. Sotto questo profilo essa implica un obbligo d’informazione: il rappresentante doganale deve acquisire dal cliente tutte le informazioni necessarie per lo svolgimento delle operazioni doganali di cui è incaricato. Va ricordato che l’art. 15 del Codice doganale dell’Unione prescrive che il rappresentante doganale, nel presentare una dichiarazione, si impegna per quanto riguarda: a) l’accuratezza e completezza delle informazioni riportate nella dichiarazione, notifica o domanda; b) l’autenticità, l’accuratezza e la validità dei documenti a sostegno della dichiarazione, notifica o domanda; e c) se del caso, l’osservanza di tutti gli obblighi relativi al vincolo delle merci in questione al regime doganale interessato o allo svolgimento delle operazioni autorizzate.

Secondo la giurisprudenza, la diligenza qualificata dal rappresentante indiretto quale autore della dichiarazione doganale non può essere circoscritta alla sola verifica della corretta rispondenza dei dati risultanti dalla documentazione consegnatagli dall’importatore per l’espletamento del mandato professionale, ma deve necessariamente estendersi all’autenticità della documentazione. Rientra nella diligenza qualificata la verifica della correttezza, sul piano normativo, dell’operazione doganale. Tanto si ricava dall’art. 15 CDU che, come sopra ricordato, impone al rappresentante doganale l’osservanza di tutti gli obblighi relativi al vincolo delle merci al regime doganale interessato o allo svolgimento delle operazioni autorizzate.

La diligenza qualificata implica la verifica dei dati ottenuti dal mandante. Non essendo munito di poteri autoritativi, lo Spedizioniere doganale non può ex lege accedere ai documenti e alle scritture contabili del soggetto per conto del quale opera in dogana (importatore o esportatore) al fine di effettuare riscontri sull’esattezza dei dati forniti: il giudizio relativo alla sussistenza della diligenza qualificata deve operarsi sulla base delle informazioni possedute o quelle ulteriormente richieste e ricevute.

La Corte di giustizia ha precisato che, per quanto riguarda la diligenza dell’operatore in dogana, questi, qualora abbia dubbi sull’esattezza della classificazione doganale delle merci di cui trattasi, deve informarsi e chiedere tutti i chiarimenti possibili per verificare se i dubbi siano o meno giustificati (1 aprile 1993, C-250/91).

Pertanto, se lo Spedizioniere doganale nutra dubbi sulla correttezza dei dati ricevuti, deve tempestivamente chiedere chiarimenti al cliente ed è bene che tenga traccia di tali richieste e delle relative risposte. A questo proposito la prassi richiama l’opportunità per lo Spedizioniere doganale di dimostrare di avere adottato ogni utile accorgimento “soprattutto in quelle ipotesi nelle quali nutrano dubbi circa l’esattezza di date informazioni, chiedendo tutti i chiarimenti possibili al soggetto che rappresentano” e ciò fornendo “la prova delle richieste di chiarimento inviate ai propri clienti unitamente alle risposte pervenute, in modo da poter dimostrare all’ufficio doganale, in caso di contestazioni, di avere esercitato al meglio lo sforzo di diligenza richiesto dal loro ruolo” (cfr. Circolare 22/D del 2015).

Fabrizio Vismara è partner del dipartimento di Contenzioso e di Diritto Tributario dello studio Squire Patton Boggs presso la sede di Milano.
Avvocato esperto di diritto societario e tributario, nonché professore di diritto internazionale, il Professor Vismara rappresenta clienti italiani e internazionali in materia di regolamentazione finanziaria, societaria e fiscale a livello nazionale e transfrontaliero.