Con la recente sentenza 16 luglio 2024, n. 19500, la Suprema Corte ha confermato il recente orientamento in materia di efficacia probatoria dell’Informazione tariffaria vincolante (ITV).
Come noto, le Informazioni Tariffarie Vincolanti (ITV) sono decisioni amministrative di rilievo comunitario sull’applicazione della normativa doganale, per mezzo delle quali, su richiesta degli operatori economici interessati, le Autorità doganali degli Stati membri attribuiscono la classificazione ad una determinata merce con l’assegnazione del relativo codice di nomenclatura combinata (NC) o Taric (art. 33, c.d.u.).
Tali decisioni hanno validità di tre anni dalla data del rilascio su tutto il territorio comunitario e vincolano sia le Autorità doganali dell’Unione europea a riconoscere al titolare dell’ITV il codice tariffario ivi indicato per quella determinata merce, in occasione dell’espletamento delle operazioni di importazione ed esportazione espletate successivamente all’adozione della decisione, sia il titolare della decisione ad utilizzare l’ITV stessa dalla data in cui riceve la notifica della decisione.
Le ITV devono riferirsi a un’operazione commerciale di importazione o di esportazione realmente prospettata e a una sola tipologia di merce (merci che hanno caratteristiche simili la cui distinzione è completamente irrilevante ai fini della loro classificazione doganale sono considerate come un solo tipo di merce).
Laddove siano soddisfatte le condizioni formali e procedurali per l’ottenimento dell’informazione vincolante e per la relativa notifica al richiedente, l’ITV impegna le Amministrazioni di tutti gli Stati membri della Comunità.
E invero, l’ITV è obbligatoria in tutti i Paesi membri, allo specifico fine di evitare una frammentazione di opinioni e potenziali conflitti a livello nazionale, nonché di favorire e incoraggiare un adeguato coordinamento interpretativo a livello europeo e una maggiore uniformità nell’applicazione della legislazione doganale comunitaria.
Opportunamente, pertanto, la normativa comunitaria prevede la trasmissione, senza indugio, dalle Autorità doganali nazionali alla Commissione europea delle informazioni rilasciate, ai fini della creazione di una banca dati ed evitare soluzioni confliggenti.
La normativa comunitaria prevede, altresì, che l’informazione tariffaria vincolante fornita dall’autorità doganale di uno Stato membro impegna le autorità competenti di tutti gli Stati membri alle stesse condizioni.
In forza di tale disposizione normativa, la giurisprudenza comunitaria ha manifestato un orientamento favorevole alla necessità di un’interpretazione della classificazione doganale uniforme, anche laddove il soggetto interessato all’applicazione dell’ITV sia diverso dal titolare della stessa.
Al riguardo, i giudici europei hanno disposto che l’ITV può essere fatta valere come prova da un soggetto terzo per i medesimi prodotti, affermando, in particolare, che “Un’ITV può essere fatta valere come prova da un soggetto diverso dal suo titolare (…) D’altronde, la Corte ha dichiarato che il fatto che le autorità doganali di un altro Stato membro abbiano rilasciato ad un soggetto terzo (…) un’ITV per un prodotto determinato, che sembra corrispondere a una diversa interpretazione delle voci della NC rispetto a quella che il detto giudice ritiene di dover accogliere nei confronti di un prodotto simile di cui trattasi nella detta controversia, deve certamente incoraggiare tale giudice ad essere particolarmente attento nella sua valutazione relativa ad un’eventuale assenza di ragionevole dubbio in merito alla corretta applicazione della NC (…).
Da tale giurisprudenza discende che un’ITV rilasciata a un terzo può essere presa in considerazione come prova da un giudice investito di una controversia relativa alla classificazione doganale di una merce e al successivo pagamento dei dazi doganali. (…) La parte interessata può contestare tale riscossione presentando, a titolo di prova, un’ITV rilasciata per gli stessi prodotti in un altro Stato membro” (Corte di Giustizia, 7 aprile 2011, C-153/10, punti 41-44, Sony Supply Chain Solutions).
La giurisprudenza comunitaria è quindi chiaramente orientata nel senso di soddisfare la necessità di garantire un certo grado di certezza del diritto agli operatori economici nell’esercizio della loro attività, di agevolare il lavoro dei servizi doganali e di ottenere maggiore uniformità nell’applicazione della legislazione doganale comunitaria.
E invero, la Corte di Giustizia ritiene sufficiente, al fine dell’applicazione di una ITV anche a soggetti diversi dal richiedente, che si tratti di prodotti simili.
Nella fattispecie esaminata dalla Suprema Corte con la sentenza in commento, una società italiana, appartenente a un gruppo olandese, ha chiesto il rimborso dei dazi corrisposti sulla base di una ITV rilasciata alla casa madre olandese per merci identiche.
La Suprema Corte ha rigettato il ricorso in Cassazione dell’Agenzia delle dogane in forza di una ITV anche se “rilasciata a un soggetto diverso dalla società importatrice del gruppo dall’Autorità doganale olandese in data successiva alle importazioni oggetto delle rigettate istanze di revisione e rimborso”.
In particolare, il giudice delle leggi ha affermato che le norme in materia di ITV “devono essere interpretate nel senso che, nell’ambito di un procedimento di riscossione di dazi doganali, la parte interessata può contestare tale riscossione presentando, a titolo di prova, un’informazione tariffaria vincolante rilasciata per gli stessi prodotti in un altro Stato membro, senza che tale informazione tariffaria vincolante possa produrre gli effetti giuridici ad essa relativi. Spetta tuttavia al giudice nazionale stabilire se le norme processuali pertinenti dello Stato membro interessato prevedano la possibilità di presentare tali mezzi di prova”.
La pronuncia richiama la prima sentenza della Corte di giustizia che ha riconosciuto la possibilità per il soggetto importatore di utilizzare come prova l’ITV rilasciata a un soggetto diverso.
In particolare, i giudici europei, in tale sentenza, affermavano che “un’ITV può essere fatta valere come prova da un soggetto diverso dal suo titolare. Infatti, in assenza di una regolamentazione dell’Unione della nozione di prova, tutti i mezzi consentiti dai diritti processuali degli Stati membri (…) sono, in linea di principio, ammissibili” (Corte Giust., 23 marzo 2000, cause riunite C-310/98 e C-406/98).
Tale affermazione di principio, espressa nella prima volta nella sentenza citata della Corte di giustizia, ha trovato seguito nella giurisprudenza della Suprema Corte, la quale, nella sentenza in commento, ha affermato che “l’ITV rilasciata a un terzo assume il carattere di fonte interpretativa utilizzabile a supporto degli altri argomenti su cui è fondato il giudizio classificatorio espresso con riferimento alla concreta fattispecie” (nello stesso senso, Cass., 2 agosto 2023, n. 23491; Cass., 21 luglio 2023, n. 21993; Cass., 19 luglio 2023, n. 21306; nello stesso senso, Cass., 19 aprile 2019, n. 11052).
La Suprema Corte ha pertanto definitivamente riconosciuto la possibilità per gli importatori di avvalersi delle ITV di altri soggetti, affermando che “il parere emesso dall’Autorità doganale olandese nei confronti di soggetto diverso dalla società contribuente e successivamente alle operazioni di importazione contestate non è di per sé vincolante, ma è stato legittimamente utilizzato nel presente giudizio come prova documentale – supportata dalla documentazione prodotta comprovante le costanti importazioni in vari Paesi europei della medesima tipologia di merce con descrizioni del tutto simili, anzi identiche dei prodotti (…) – avendo riguardato merce dello stesso tipo di quella importata secondo la valutazione operata dalla CTR”.