Il 24 maggio 2024, il Consiglio dei Ministri, in attuazione della legge delega per la riforma fiscale (l. 9 agosto 2023, n. 111), che provvede alla complessiva revisione del sistema sanzionatorio tributario, ha approvato in via definitiva il Decreto Legislativo sulla revisione delle sanzioni tributarie.
Preliminarmente, occorre evidenziare che le novità contenute nel testo approvato troveranno applicazione dal 1° settembre 2024, ossia non saranno applicabili retroattivamente, escluse le norme di carattere penale.
La ratio della riforma è la riduzione delle sanzioni, al fine di rendere il sistema repressivo compatibile con il principio di proporzionalità che viene normato dall’art. 3 bis, d.lgs. 472 del 1997 e che dispone che “La disciplina delle violazioni e sanzioni tributarie è improntata ai principi di proporzionalità e di offensività”.
Le novità principali saranno: l’introduzione della dilazione delle somme per la definizione al terzo delle sanzioni ex artt. 16 e 17 d.lgs. 472 del 1997; la reintroduzione della così detta acquiescenza processuale; la possibilità di applicare il cumulo giuridico in seno al ravvedimento operoso, limitatamente al singolo periodo d’imposta e alla singola imposta; le specificazioni in merito al cumulo giuridico e alla continuazione; l’infedele dichiarazione (imposte sui redditi, Iva e Irap) non sarà più sanzionata dal 90% al 180%, ma in misura fissa del 70%, anche per le violazioni in tema di fatturazione; l’eliminazione dell’aumento del terzo per i redditi prodotti all’estero, le indebite compensazioni di crediti inesistenti non saranno più sanzionate dal 100% al 200%, ma in misura fissa del 70%; gli omessi versamenti non saranno più sanzionati con il 30% dell’imposta, ma con il 25%.
In ambito Iva, le novità saranno la riforma del regime sanzionatorio ex art. 6, comma 8, d.lgs. 471 del 1997; in particolare, per l’Iva addebitata in eccesso sarà sempre prevista una sanzione fissa da 250 euro a 10.000 euro per l’indebita detrazione anche quando si tratta di operazioni esenti, escluse, non imponibili e non solo per errore di aliquota; l’omessa dichiarazione sarà sanzionata in misura fissa del 120%, se presentata dopo 90 giorni, ma prima di ogni controllo ci sarà una sanzione del 75% sulle imposte dovute.
La riforma modifica l’art. 2, d.lgs. 472 del 1997, prevedendo che la sanzione pecuniaria relativa al rapporto tributario proprio di società o enti, con o senza personalità giuridica, sia esclusivamente a carico della società o ente. Resta ferma, nella fase di riscossione, la disciplina sulla responsabilità solidale e sussidiaria prevista dal codice civile per i soggetti privi di personalità giuridica.
Il nuovo articolo 6, comma 5 bis, d.lgs. 472 del 1997, in materia di cause di non punibilità, precisa che non sono punibili le violazioni che non arrecano pregiudizio “concreto” all’esercizio delle azioni di controllo e non incidono sulla determinazione della base imponibile, dell’imposta e sul versamento del tributo.
E’ altresì previsto che non sia punibile il contribuente che si adegua alle indicazioni rese dall’Amministrazione finanziaria con i documenti di prassi di cui all’art. 10, sexies, comma 1, lett. a) e b) l. 212 del 2000, provvedendo entro i successivi 60 giorni dalla data di pubblicazione delle stesse, alla presentazione della dichiarazione integrativa e al versamento dell’imposta dovuta, sempre che la violazione sia dipesa da obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione della norma tributaria.
L’art. 7, d.lgs. 472 del 1997, che disciplina i criteri di determinazione della sanzione, disporrà l’aumento della sanzione fino al doppio (in luogo della metà) nei confronti di chi, nei tre anni successivi al passaggio in giudicato della sentenza che accerti la violazione o alla inoppugnabilità dell’atto è concorso in altra violazione della stessa indole non definita con ravvedimento ovvero con adesione al verbale di constatazione (recidiva); inoltre il suddetto articolo prevede che se concorrono circostanze che rendono manifesta la sproporzione tra la violazione commessa e la sanzione applicabile, questa è ridotta fino a ¼ della misura prevista, sia essa fissa, proporzionale o variabile in luogo della metà fino a oggi vigente.
Anche la disciplina del concorso di violazioni e di continuazione è stata oggetto di revisione.
Nello specifico, se le violazioni rilevano per più tributi, non viene più irrogata “la sanzione più grave aumentata di un quinto”, ma “l’aumento da un quarto al doppio si applica sulla sanzione più grave aumentata di un quinto” (art. 12, comma 3).
Nel caso in cui le violazioni della stessa indole sono commesse in periodi di imposta diversi, non si applica più “la sanzione base aumentata dalla metà al triplo”, ma “l’aumento da un quarto al doppio si applica sulla sanzione più grave incrementata dalla metà al triplo. Se le violazioni rilevano anche ai fini di più tributi, l’incremento dalla metà al triplo opera sulla sanzione aumentata ai sensi del comma 3”.
Anche il ravvedimento operoso è stato oggetto di revisione; i benefici più evidenti riguardano gli omessi versamenti, per i quali la sanzione del 30% viene ridotta al 25% e la di dichiarazione infedele, per la quale la sanzione minima del 90% è ridotta al 70%.
La riforma sanzionatoria, pur con diverse criticità, rappresenta un’evoluzione nel rapporto tra fisco e contribuenti, codificando il principio di proporzionalità e ragionevolezza e garantendo nello stesso tempo la tutela degli interessi erariali.