A distanza di otto anni dalla sua entrata in vigore, il Codice doganale dell’Unione europea (Reg. UE 9 ottobre 2013, n. 952, CDU) va incontro a un ambizioso progetto di riforma.
Il progetto del nuovo Codice europeo si inserisce accanto alla riforma della normativa nazionale, approvata in via preliminare dal Consiglio dei Ministri il 26 marzo scorso. Il diritto doganale subirà, pertanto, un radicale aggiornamento sia sul versante nazionale che sul versante europeo.
La riforma unionale, sottoposta all’esame della Commissione per il mercato interno (IMCO), prevede una radicale proposta di revisione e aggiornamento dell’attuale CDU, in risposta al mutato scenario doganale. L’evoluzione digitale, l’aumento delle operazioni a carattere internazionale, l’esigenza delle Dogane europee di coordinarsi tra loro, hanno determinato la necessità di un intervento importante, volto a riscrivere le regole contenute nell’attuale Codice doganale. L’attuale impianto normativo, infatti, non appare più idoneo a garantire l’uniformità applicativa della disciplina né un’adeguata protezione dai rischi non finanziari.
La riforma risponde soprattutto alle pressioni a cui sono soggette le Dogane UE, tra cui un enorme incremento dei volumi commerciali, dovuto in gran parte al commercio elettronico, il rapido aumento delle norme inerenti la compliance dei prodotti extraeuropei e l’evoluzione delle crisi geopolitiche. Il nuovo Codice si propone, dunque, di assicurare un quadro doganale più sostenibile e di contribuire a un mercato unico più sicuro e competitivo, andando, da un lato, a semplificare notevolmente le procedure doganali per le imprese, dall’altro, a fornire alle autorità doganali gli strumenti e le risorse di cui necessitano per valutare adeguatamente e bloccare le importazioni che comportano rischi reali per l’UE, i suoi cittadini e la sua economia.
Il progetto si compone di tre differenti atti giuridici. Il primo atto, in cui il Parlamento europeo avrà il ruolo di colegislatore, è il regolamento principale che istituirà il nuovo Codice doganale dell’UE, abrogando l’attuale Reg. UE 952/2013. Il secondo atto è un regolamento del Consiglio, volto a modificare il Reg. CEE 23 luglio 1987, n. 2658/87, per introdurre una tariffa semplificata per le vendite a distanza di beni, e il Reg. CE 16 novembre 2009 n. 1186/2009, riguardante l’eliminazione della soglia di esenzione dai dazi doganali. Il terzo atto consiste, invece, in una proposta di direttiva del Consiglio, diretta a modificare la Direttiva CE del 28 novembre 2006 n. 112, concernente le norme Iva relative ai soggetti passivi che agevolano le vendite a distanza di beni importati, nonché l’applicazione del regime speciale per le vendite a distanza di beni importati da territori o Paesi terzi e il regime speciale per la dichiarazione e il pagamento dell’Iva all’importazione.
Il 22 febbraio scorso, la Commissione IMCO ha adottato la relazione sulla proposta che prevede l’integrale superamento delle regole contenute nel Codice doganale europeo. Tale proposta intende semplificare e accelerare le pratiche doganali, migliorare la trasparenza e l’accessibilità dei dati, istituire una piattaforma per i segnalatori, agevolare gli scambi commerciali e alleggerire gli oneri, specialmente per le piccole e medie imprese.
Tra le molteplici novità contenute nella proposta della Commissione, una previsione molto criticata è stata quella relativa all’istituto della custodia temporanea. Tale istituto è applicabile alle merci non unionali che si trovano sotto vigilanza doganale, dal momento in cui il trasportatore ne notifica l’arrivo, sino al momento in cui sono vincolate a un regime doganale. La custodia temporanea consente, infatti, di far sostare la merce sul territorio unionale, nell’attesa che giunga alla sua destinazione finale.
Con la riforma del Codice, era stata prevista la riduzione del termine per la custodia temporanea da novanta giorni a tre giorni. Una proposta che ha destato non poche preoccupazioni per gli operatori. L’ESPO (associazione delle autorità portuali europee) si è espressa negativamente in merito a tale modifica, sostenendo che un periodo di stoccaggio temporaneo così ridotto non consentirebbe di assicurare la fluidità dei flussi di merci che transitano attraverso i porti, soprattutto nel caso in cui i soggetti coinvolti nella catena logistica non forniscano in modo tempestivo i dati necessari per vincolare le merci a un regime doganale.
Nel quadro del progetto di riforma si inserisce anche l’istituzione di un’unica autorità doganale europea, con l’obiettivo di creare una vera unione doganale e di superare la frammentazione attuale, che assegna a 27 differenti autorità doganali l’applicazione delle regole comuni. Nello specifico, l’idea è quella di affidare a un’autorità comune la guida delle amministrazioni doganali nei vari Paesi, al fine di garantire un efficace coordinamento nell’applicazione della normativa unionale.
Grande importanza è riconosciuta alla digitalizzazione dei processi doganali. A tal proposito, il progetto di riforma mira alla creazione di un centro doganale digitale europeo, l’”EU Customs Data Hub”, per mezzo del quale gli operatori potranno registrare tutte le informazioni sui loro prodotti una sola volta attraverso un unico centro doganale, senza interagire, per ciascuna spedizione, con uno dei 111 sistemi informatici nazionali attualmente in funzione. Attraverso l’EU Customs Data Hub, le autorità doganali avranno a disposizione, in un unico ambiente, tutti i dati relativi alla circolazione delle merci.
Il nuovo strumento consentirà, pertanto, di ridurre il c.d. fenomeno di un’Europa a due velocità, con Paesi più attenti e altri meno coinvolti nella prevenzione dei rischi di violazione degli interessi collettivi. Anche per quanto concerne la materia dei controlli doganali, il loro svolgimento verrà coadiuvato dall’utilizzo dell’intelligenza artificiale, così da renderli più efficaci e poter gestire preventivamente eventuali problemi.
La proposta di riforma prevede, inoltre, un nuovo regime per l’e-commerce, finalizzato a contrastare una diffusa evasione dei dazi e dei controlli. In tale settore, infatti, è ormai comune riservare un vero e proprio trattamento di favore alle merci di valore inferiore a 150 euro, esentandole dai dazi doganali all’importazione. L’obiettivo della riforma, invece, è introdurre un nuovo sistema di calcolo dei dazi per le merci di basso valore più comunemente acquistate al di fuori dell’Ue, eliminando ogni tipo di agevolazione.
Il progetto di riforma interviene anche sulla disciplina degli operatori economici autorizzati. È prevista, infatti, la creazione di una nuova categoria di AEO, ossia quella dei “Trust and check traders”, i quali potranno importare merci senza la necessità di un intervento doganale attivo, controllare autonomamente la conformità delle loro merci e pagare i dazi periodicamente, senza presentare dichiarazioni doganali per ogni spedizione. Secondo le stime della Commissione europea, i soggetti Trust and Check rappresenteranno l’80% dei traffici internazionali.
Il tema dell’operatore Trust and Check pone al centro la capacità delle imprese di operare in mercati internazionali, anche attraverso professionalità, all’interno dell’azienda, che conoscono gli elementi fondamentali del diritto doganale. In questo contesto, il ruolo del rappresentante doganale potrebbe subire drastici cambiamenti.
Attualmente i rappresentanti doganali certificati AEO contribuiscono a una catena logistica certificata AEO sia quando operano in rappresentanza diretta che mediante rappresentanza indiretta. La riforma dell’articolo 27 del Codice doganale dispone che il rappresentante doganale potrà agire in rappresentanza diretta soltanto nel caso in cui l’azienda sia in possesso di un’autorizzazione Trust and Check. Diversamente, il rappresentante doganale Trust and Check sarà riconosciuto come tale solo se opera in qualità di rappresentante indiretto. Le associazioni di categoria, anche a livello europeo, hanno contestato questo aspetto della riforma e auspicato un totale cambiamento di prospettiva sul punto.
L’obbligo di agire in qualità di rappresentante indiretto comporterebbe significative conseguenze, in termini di responsabilità. Il rappresentante Trust & Check dovrà farsi carico, infatti, della correttezza dell’operazione doganale, assumendo la responsabilità in ordine ai dazi e alle sanzioni applicabili in caso di contestazione. Si tratta di un’attività molto rischiosa, considerato che le aziende sono chiamate ad applicare 370 diverse normative europee, in settori come il commercio, l’industria, la sicurezza, la salute, l’ambiente: aspetti su cui il rappresentante doganale non ha alcun controllo.
Il progetto di riforma del Codice doganale europeo non è finalizzato al raggiungimento di un coordinamento sul solo versante dei controlli e delle operazioni doganali. L’obiettivo è anche quello di incentivare l’armonizzazione della disciplina sulle infrazioni e delle sanzioni minime a livello UE, prevedendo un nucleo minimo comune di atti o omissioni che costituiscono infrazioni doganali e sanzioni non penali che riguardano più di uno Stato membro.
Laureato presso l’Università di Parma, ha conseguito un Master in Diritto Tributario e un Master di specializzazione dall’accertamento al processo tributario presso la Scuola di Formazione Ipsoa. È iscritto all’Ordine degli Avvocati di Milano dal 2009. Nel 2011 entra nel team dello Studio Armella & Associati, di cui è socio dal gennaio 2020.
Settori di attività: contenzioso doganale, diritto tributario e commercio internazionale. Esperto di diritto doganale, con particolare riferimento alle tecniche di commercio internazionale, assiste grandi aziende e multinazionali con particolare riferimento alla consulenza e alla pianificazione doganale, all’implementazione delle procedure relative al commercio internazionale e alle certificazioni AEO.
È autore di numerosi articoli e pubblicazioni e collabora con associazioni di categoria in attività seminariali e congressuali.