Approvato in Consiglio dei Ministri, lo scorso 26 marzo, lo schema del decreto legislativo attuativo della riforma fiscale che apporterà profonde modifiche alla normativa nazionale doganale. Il nuovo codice doganale nazionale introduce novità rilevanti per i rappresentanti doganali e per tutte le aziende che operano nell’import-export.
Nel presente contributo tratteremo del tema delle sanzioni doganali e proseguiremo l’esame del testo nelle successive uscite del Doganalista. Com’è noto, il diritto doganale è disciplinato dalle norme unionali, ossia in primis dal Codice doganale dell’Unione europea (c.d. CDU, Reg. UE, 9 ottobre 2013, n. 952), e da fonti normative nazionali. Tra queste ultime, figura, in particolare, il d.p.r. 23 gennaio 1973, n. 43 (c.d. Tuld, Testo unico della legge doganali), in tema di organizzazione dell’Amministrazione doganale, per l’attuazione delle procedure disciplinate dalle norme dell’Ue, in materia di ricorsi aventi ad oggetto le decisioni delle Autorità doganali, nell’ambito dei sistemi giudiziari amministrativi e giurisdizionali nazionali, nonché in materia di sanzioni, sia amministrative che penali. Rilevano, inoltre, il decreto legislativo 8 novembre 1990, n. 374 per il riordinamento degli istituti doganali e per la revisione delle procedure di accertamento e controllo e il regio decreto 13 febbraio 1896, n. 65 che approva il Regolamento per l’esecuzione del testo unico delle leggi doganali.
Tale sistema ha finora reso necessario un coordinamento, caso per caso, tra la disciplina interna e quella sovranazionale per individuare quali disposizioni nazionali siano effettivamente in vigore, essendo la materia doganale di competenza principale dell’Unione europea. In particolare, in caso di contrasto tra diritto interno e diritto unionale, la norma nazionale non potrà essere applicata (Corte di Giustizia, 15 luglio 1964, C- 6/64, Costa c. Enel). Pertanto, appare evidente che, in base al primato del diritto dell’Unione europea, il giudice nazionale deve applicare il diritto unionale e, di conseguenza, disapplicare le disposizioni del diritto interno che risultino contrastanti con le norme Ue.
È in quest’ottica che si è rivelata necessaria una revisione della normativa doganale nazionale, che permetta di armonizzare la disciplina nazionale con quella dell’Unione europea, in ossequio al principio del primato del diritto UE. Chi si trova, oggi, a svolgere una ricerca nel Tuld troverà, infatti, molte norme ormai completamente superate: il territorio doganale non è più delimitato dai confini dello Stato, ma da quelli dei 27 Paesi europei, le circoscrizioni e i compartimenti doganali sono strutture organizzative non più esistenti, lo stesso presupposto dell’obbligazione doganale, ancora formalmente definito dall’art. 36, cede il passo di fronte alla prevalente normativa europea.
A questi cambiamenti non ha corrisposto un adeguato aggiornamento della legislazione nazionale, rimasta essenzialmente inalterata dalla sua entrata in vigore nel 1973. Da allora gli scambi con l’estero hanno subito trasformazioni epocali: l’istituzione del mercato unico europeo e la caduta delle frontiere tra gli Stati membri, la globalizzazione e l’incremento esponenziale degli scambi con l’estero, la proiezione del made in Italy sui mercati internazionali, che colloca attualmente l’Italia al sesto posto nella classifica dei Paesi esportatori, il commercio elettronico che ha portato a venti milioni il numero delle operazioni doganali annualmente svolte nel nostro Paese, la telematizzazione delle procedure doganali, le tensioni geopolitiche e, da ultimo, le sanzioni alla Russia.
Appare, pertanto, evidente come la nuova riforma, attuativa della legge delega 9 agosto 2023, n. 111, voglia attuare un cambiamento drastico, per semplificare e chiarire il quadro normativo. Tale esigenza è stata realizzata, in altri Paesi europei, all’indomani del Cdu, in considerazione dei tanti nuovi settori interessati dalla normativa europea. Evitare conflitti di norme o sovrapposizioni di ambiti di applicazione è il primo obiettivo della riforma.
E invero, uno dei principali problemi, per chi decidesse di operare investimenti in Italia, è rappresentato dalla complessità del sistema normativo e dall’eccessività delle sanzioni.
Uno dei temi prioritari riguarda l’allineamento del sistema delle sanzioni doganali al principio europeo di proporzionalità, che impone l’irrogazione di sanzioni “effettive, proporzionate e dissuasive”. Con specifico riferimento alle sanzioni doganali amministrative, tale principio dispone che la pena irrogata, per essere legittima, sia parametrata alla gravità della violazione e al coefficiente psicologico dell’autore (Corte di Giustizia, 13 gennaio 2022, C-326/20).
Attualmente, la norma di riferimento in materia è rappresentata dall’art. 303 terzo comma, Tuld, che prevede un sistema sanzionatorio “a scaglioni”, suddivisi in relazione al valore dei maggiori diritti accertati. Sulla base di tale disposizione, l’Agenzia delle dogane può arrivare ad applicare sanzioni che superano anche il 1000% dell’entità dei tributi accertati, anche per semplici errori di natura colposa, ponendosi in evidente contrasto con il principio di proporzionalità.
Le sanzioni oggi in vigore rendono il nostro Paese tra i più severi, in un quadro europeo che vede gli Stati in forte competizione tra loro nell’attrazione dei traffici, a beneficio dell’Erario, del sistema logistico e dell’indotto.
Lo schema di decreto legislativo prevede una drastica semplificazione di tale sistema rispetto a quello attualmente previsto dal Tuld. Il confine fra le due ipotesi sanzionatorie, penale e amministrativa, sarà rappresentato dalla soglia dei diritti contestati (attualmente prevista in 10.000 euro) e dall’elemento soggettivo del reato, ossia dolo o colpa. Ogniqualvolta non sia possibile rilevare, nella fattispecie illecita, un intento doloso, questa dovrà essere punita esclusivamente nell’ambito degli illeciti amministrativi, per i quali le sanzioni dovranno essere comprese tra l’80 e il 150% dei diritti doganali accertati (art. 96, comma 14, bozza d.lgs.).
Si tratta di una previsione che abbatte notevolmente le soglie attuali, previste da una a dieci volte l’ammontare dei diritti contestati, e che si pone in linea con altri settori del diritto tributario. Inoltre, in presenza di attenuanti di reato, è possibile un’ulteriore riduzione della sanzione: se, ad esempio, i maggiori diritti di confine accertati sono inferiori al 3% di quelli dichiarati, la sanzione è ridotta di un terzo. Nessuna sanzione, invece, se i diritti dichiarati sono pari o superiori a quelli accertati, mentre attualmente la sanzione è da 103 a 506 euro (art. 303, primo comma, Tuld).
Nello schema attuativo della riforma è disciplinata altresì una nuova modalità di verifica preliminare della fattispecie illecita. Tale fondamentale compito, finora svolto dall’Agenzia delle dogane, viene attribuito in via obbligatoria all’autorità giudiziaria, la quale, se ritiene sussistente il reato di contrabbando, ossia il superamento della soglia penale e l’elemento soggettivo del dolo, deve procedere ad avviarne la constatazione in sede penale. Viceversa l’autorità giudiziaria, qualora decreti che la fattispecie non ha rilevanza penale, bensì solo amministrativa, è tenuta a ritrasmettere gli atti alle Dogane, per l’irrogazione della relativa sanzione amministrativa.
Si tratta di un profilo di grande importanza pratica, posto che – attualmente – alle sanzioni penali si sommano quelle amministrative e soltanto attraverso l’opposizione in sede giudiziale può essere fatto valere il principio del “ne bis in idem”.
Finalmente superata la prassi dell’Agenzia di calcolare le sanzioni sui singoli. Trova, infatti, codificazione (art. 96, comma 4) il principio affermato per la prima volta dalla Corte di Cassazione (Cass., sez. V, 12 novembre 2020, n. 25509), secondo cui le sanzioni doganali devono essere calcolate sull’importo complessivo dei dazi contestati e non singolo per singolo, ossia sulle partite di merci separate contenute in un’unica dichiarazione doganale d’importazione. In tal senso, si era parzialmente espressa di recente l’Agenzia delle dogane (Circolare AD, 29 novembre 2023, n. 25/D) facendo salva però la possibilità del cumulo giuridico delle sanzioni, mentre la riforma prevede una sola sanzione calcolata sull’importo complessivo della liquidazione risultante dall’accertamento.
Laureata in Giurisprudenza nel 1993, con lode e la dignità di stampa, iscritta all’Ordine degli Avvocati di Genova dal 1996, conseguendo 300/300 all’esame finale, ha esercitato, dal 1993 al 2008, attività professionale con il prof. Victor Uckmar, per il quale ha svolto per diversi anni attività di ricerca e didattica in diritto tributario presso l’Università di Genova
Nel 2008 ha fondato lo Studio Armella & Associati, con sedi in Milano e Genova, indicato dalla rivista Forbes tra “Le 100 eccellenze del legal in Italia” e dalla rivista Top legal tra i migliori studi di diritto tributario. Lo Studio è tra i fondatori e unico membro italiano di Green lane, associazione internazionale di studi professionali indipendenti, specializzata in dogane e diritto del commercio internazionale
Membro della Commissione di esperti in materia doganale, nominata dal Vice Ministro delle finanze on.le Maurizio Leo per l’attuazione della riforma fiscale (decreto n. 99/2023)
Presidente della Commissione Dogane & trade facilitation della Sezione Italiana della International Chamber of Commerce e delegato italiano presso la Commission on Customs and trade facilitation della ICC di Parigi
Docente di diritto doganale presso Università Bocconi, Università Statale di Milano e La Sapienza di Roma in Master e Corsi post universitari, professore a contratto presso ICE