La legge di bilancio 2023 ha introdotto diverse misure volte a supportare le imprese e tutti i contribuenti nell’attuale situazione di crisi economica, provocata dagli effetti dell’emergenza pandemica e dall’aumento dei prezzi dei prodotti energetici.
In particolare, i commi da 186 a 205 dell’art. 1, l. 197 del 2022 introducono la definizione agevolata delle controversie tributarie.
Tali norme prevedono che le controversie attribuite alla giurisdizione tributaria in cui è parte l’Agenzia delle entrate ovvero l’Agenzia delle dogane e dei monopoli, pendenti in ogni stato e grado del giudizio, compreso quello innanzi alla Corte di cassazione, potranno essere definite su domanda del soggetto che ha proposto l’atto introduttivo del giudizio o di chi vi è subentrato o ne ha la legittimazione, con il pagamento di un importo pari al valore della controversia, ossia con il pagamento della somma relativa al tributo, con esclusione delle somme relative agli interessi e alle sanzioni.
Ai fini della determinazione dell’effettivo valore della controversia, devono comunque essere esclusi gli importi di cui all’atto impugnato che eventualmente non formano oggetto della materia del contendere, come avviene in caso di contestazione parziale dell’atto impugnato, di formazione di un giudicato interno, di conciliazione o mediazione perfezionate, che non abbiano definito per intero la lite, ovvero in caso di parziale annullamento dell’atto a seguito di esercizio del potere di autotutela da parte dell’Ufficio, formalizzato tramite l’emissione di apposito provvedimento.
Il costo della definizione varia a seconda del grado e dell’esito del giudizio.
La controversia può essere definita con il pagamento di un importo pari al 100% del valore, qualora il ricorso sia stato notificato all’Agenzia fiscale, ma al 1° gennaio 2023 il ricorrente non si è ancora costituito in giudizio, ovvero qualora l’Agenzia fiscale risulti vincitrice nell’ultima o unica pronuncia non cautelare depositata al 1° gennaio 2023.
Per i ricorsi pendenti in primo grado, la controversia può essere definita con il pagamento del 90% del valore.
Qualora sia intervenuta soccombenza dell’Agenzia nell’ultima o unica pronuncia giurisdizionale non cautelare depositata alla data di entrata in vigore della legge, le controversie possono essere definite con il pagamento:
- a) del 40% del valore della controversia in caso di soccombenza nella pronuncia di primo grado;
- b) del 15% del valore della controversia in caso di soccombenza nella pronuncia di secondo grado.
In caso di accoglimento parziale del ricorso o comunque di soccombenza ripartita tra contribuente e Agenzia, la definizione prevede il pagamento del tributo senza interessi e sanzioni per la parte di soccombenza e in misura ridotta secondo le regole sopra citate per la parte accolta.
Infine, per le controversie tributarie pendenti innanzi alla Cassazione, per le quali l’Agenzia risulti soccombente in tutti i precedenti gradi di giudizio, è prevista la definizione con il pagamento di un importo pari al 5% del valore della controversia.
Ne deriva che sono escluse dalla definizione le ipotesi in cui alla data del 1° gennaio 2023 non sia stato ancora notificato il ricorso per Cassazione e le liti per le quali l’Agenzia sia risultata, anche parzialmente vittoriosa, in almeno uno dei precedenti gradi. In tale ultima ipotesi la disposizione applicabile in alternativa è quella di cui al comma 213 che introduce una particolare ipotesi di rinuncia al ricorso per Cassazione, a seguito di definizione in via transattiva tra le parti, con conseguente applicazione delle sanzioni in misura ridotta.
Le controversie relative alle sole sanzioni non collegate al tributo possono essere definite con il pagamento del 15% del valore, in caso di soccombenza dell’Agenzia nell’ultima o unica pronuncia o del 40% negli altri casi.
In ipotesi di controversia relativa esclusivamente alle sanzioni collegate ai tributi cui si riferiscono, per la definizione non è dovuto alcun importo, qualora il rapporto relativo ai tributi sia stato definito anche con modalità diverse dalla definizione in commento.
In tali ipotesi, la lite si definisce senza versare alcun importo, ossia con la sola presentazione della domanda di definizione entro il 30 giugno 2023.
L’Agenzia delle entrate ha fornito i primi chiarimenti relativi alla definizione agevolata con due circolari la n. 1/E del 13 gennaio 2023 e la 2/E del 27 gennaio 2023.
In particolare, la circolare 2/E ha stabilito l’ambito di applicazione delle norme citate, precisando che l’individuazione delle liti definibili va effettuata tenendo conto della natura tributaria della materia del contendere e del soggetto parte pubblica in giudizio; di conseguenza, possono essere definite le liti pendenti, anche a seguito di rinvio, presso le Corti di giustizia tributaria, di primo e secondo grado e presso la Corte di Cassazione, purché concernenti questioni devolute alla giurisdizione tributaria.
Nello specifico, possono essere definite non soltanto le controversie instaurate avverso atti di natura impositiva, quali gli avvisi di accertamento e gli atti di irrogazione sanzioni, ma anche quelle inerenti ad atti meramente della riscossione; non sono invece definibili, in ragione dell’assenza di importi da versare da parte del contribuente, le controversie in materia di dinieghi espressi o taciti di rimborso o di spettanza di agevolazioni e, comunque, quelle di valore indeterminabile.
Per espressa previsione del comma 193 sono altresì escluse dalla definizione agevolata le controversie concernenti anche solo in parte: a) le risorse proprie tradizionali e l’imposta sul valore aggiunto riscossa all’importazione; b) le somme dovute a titolo di recupero di aiuti di Stato.
Tale esclusione, seppur giustificata per quanto riguarda le risorse proprie tradizionali unionali, non sembra condivisibile per quanto riguarda l’Iva all’importazione, che come ormai ampiamente sostenuto sia dalla Corte di giustizia che dalla Cassazione, costituisce un’imposta interna anche se applicata e riscossa in Dogana, né tanto meno per quanto riguarda le sanzioni che sono di competenza nazionale.
Ne deriva che le controversie definibili devolute alla giurisdizione tributaria in cui è parte l’Agenzia delle accise, dogane e dei monopoli sono soltanto quelle in materia di accise, tabacchi e imposte di consumo e giochi.
Per accedere alla definizione è in ogni caso necessario che la controversia sia pendente, ossia che il ricorso di primo grado sia stato notificato alla controparte entro il 1° gennaio 2023 e che alla data della presentazione della domanda il processo non si sia concluso con pronuncia definitiva.
La definizione agevolata avviene con la presentazione di apposita domanda all’Agenzia fiscale, entro il 30 giugno 2023, ad opera del soggetto che ha proposto l’atto introduttivo del giudizio pendente oggetto di definizione; qualora con il medesimo ricorso introduttivo siano stati impugnati più atti il ricorrente è tenuto a presentare una distinta domanda per ciascun atto.
Con il provvedimento n. 30294 del 1° febbraio 2023, l’Agenzia delle entrate ha approvato il modello di domanda per accedere alla definizione agevolata delle controversie tributarie in cui è parte l’Agenzia delle entrate.
A oggi, l’Agenzia delle dogane, accise e monopoli non ha emesso un analogo provvedimento applicativo, contenente modello e istruzioni operative per accedere alla definizione in materia doganale.
La domanda può essere presentata dal 2 febbraio fino al 30 giugno 2023 per ciascuna lite autonoma pendente in ogni stato e grado del giudizio.
Entro lo stesso termine deve essere versato l’intero importo dovuto per ciascuna controversia autonoma; è esclusa la compensazione di cui all’art. 17 d.lgs. 241 del 1997.
Nel caso in cui gli importi dovuti superino euro 1.000,00 è ammesso il pagamento rateale secondo le disposizioni di cui all’accertamento con adesione, ossia 20 rate trimestrali di pari importo, e la definizione si perfeziona con la presentazione della domanda e con il versamento della prima rata entro il termine previsto del 30 giugno 2023.
Le rate successive alla prima dovranno essere versate entro il 30 settembre, il 20 dicembre e il 31 marzo di ciascun anno e sulle stesse dovranno essere applicati gli interessi legali calcolati dalla data del versamento della prima rata.
Ai fini della definizione agevolata, dagli importi dovuti si scomputano quelli già versati a qualsiasi titolo in pendenza di giudizio, ma la definizione non può dar luogo alla restituzione delle somme già versate anche se eccedenti rispetto a quanto dovuto per la definizione.
Qualora non ci siano importi da versare, la definizione si perfeziona con la sola presentazione della domanda.
Spetta agli Uffici delle Agenzie fiscali il compito di verificare la regolarità delle domande presentate e la ricorrenza dei presupposti per la validità della definizione.
L’eventuale diniego della definizione da parte dell’Agenzia deve essere notificato entro il 31 luglio 2024 ed è impugnabile dinanzi all’organo giurisdizionale presso il quale pende la controversia.
L’attuale “tregua fiscale”, così come le precedenti, da un lato, contribuirà a smaltire i numerosi contenziosi pendenti; dall’altro lato, è destinata a incrementare i giudizi laddove gli Uffici neghino la definizione in fattispecie non espressamente disciplinate dalla normativa, ma che con un’interpretazione approfondita vi potrebbero rientrare.