Con tre pronunce rilasciate nel corso del 2022 la Corte suprema di cassazione, sezione penale, torna sull’argomento della qualificazione dell’IVA all’importazione come «diritto di confine», rilevante ex art. 36 TULD ai fini della contestazione del reato di contrabbando di cui agli artt. 216, 282 e 292 TULD. Particolarmente rilevante è la pronuncia n. 4978 del 13 gennaio 2022, depositata l’11 febbraio 2022 e richiamata dalle successive n. 44459 del 5 ottobre 2022 e n. 44467 del 3 novembre 2022 (entrambe depositate il 23 novembre 2022).
In tutti e tre i casi i giudici di legittimità si sono confrontati con altrettante ordinanze dei tribunali del riesame che avevano, nel primo caso, accolto la richiesta di annullamento di un decreto di sequestro preventivo del Giudice per le indagini preliminari e, negli altri due casi, rigettato i ricorsi presentati dagli indagati per l’annullamento di analoghi sequestri. Oggetto dei provvedimenti di sequestro erano stati, rispettivamente, due aeromobili ed una autovettura ritenuti immessi irregolarmente in consumo per la mancanza dei presupposti per il riconoscimento del regime doganale di «ammissione temporanea» (artt. 250-253 CDU 2013), con contestuale contestazione del reato di contrabbando ai sensi dell’art. 216 TULD.
Il caso che riguardava gli aeromobili oggetto della sentenza n. 4978/2021 era del tutto peculiare: si trattava infatti di velivoli che, pur essendo formalmente in posizione unionale, risultavano tuttavia immatricolati nei registri dell’aviazione statunitense; si trattava quindi di verificare se questa circostanza fosse da sola sufficiente, essendosi protratta per più di sei mesi l’utilizzazione di questi mezzi all’interno dell’Unione europea, a configurare la sussistenza del reato di contrabbando sotto il profilo del mancato assolvimento dell’IVA all’importazione.
Il Tribunale di Asti, in sede di riesame, aveva escluso la sussistenza del reato annullando il decreto di sequestro non solo per l’irrilevanza della mancata iscrizione dei velivoli nei registri dell’aviazione italiana; ma soprattutto perché, in conformità con una parte significativa della giurisprudenza di legittimità, l’IVA all’importazione non poteva essere ricompresa tra i «diritti di confine» cui è riferita la fattispecie di contrabbando descritta negli artt. 282-292 TULD.
In seguito al ricorso del pubblico ministero avverso l’ordinanza di annullamento, la Corte di cassazione riesce ancora una volta a stupirci e, seppure in sede penale, nella sentenza n. 4978/2021 riporta il tema della natura dell’IVA all’importazione nel solco di quanto già affermato in passato in alcune sentenze «eccentriche» dalla stessa Corte in sezione tributaria, secondo cui l’IVA all’importazione sarebbe compresa tra i diritti di confine di cui all’art. 36 TULD. Questo orientamento della sezione tributaria era stato fortemente avversato dalla dottrina praticamente unanime e successivamente è stato abbandonato dalla sezione tributaria Corte di cassazione a partire numerose sentenze rese nel 2016 in materia di depositi doganali ai fini IVA, per uniformarsi alle indicazioni della Corte di giustizia dell’Unione europea.
Secondo la Corte di cassazione, sezione penale, invece, «detta soluzione interpretativa si presenta più aderente alla lettera dell’art. 34 T.U.L.D: che, […], relativamente alle merci in importazione, ricomprende tra i diritti di confine non solo i dazi ma anche “ogni altra imposta o sovrimposta di consumo a favore dello Stato”» (sent. n. 4978/2022, punto 6.1.) Si tratta dunque di un’interpretazione letterale della disposizione contenuta nel testo unico d.P.R. n. 43/1973. Questo orientamento, si ripete, adottato ai fini della configurazione del reato di contrabbando, è stato ripreso dalle successive pronunce della Corte nn. 44459/2022 e 44467/2022, sempre in sezione penale.
Nella sentenza n. 4978/2022 la Corte ribadisce quanto già affermato in passato in ordine alla posizione degli aeromobili non iscritti nei registri aereonautici nazionali, basandosi sull’interpretazione letterale dell’art. 36, comma 4, TULD secondo cui «le navi, ad esclusione di quelle da diporto, e gli aeromobili costruiti all’estero o provenienti da bandiera estera si intendono destinati al consumo nel territorio doganale quando vengono iscritti nelle matricole o nei registri di cui rispettivamente agli artt. 146 e 750 del codice della navigazione». La norma del testo unico legge doganale prosegue descrivendo la fattispecie uguale e contraria, secondo cui «le navi, ad esclusione di quelle da diporto, e gli aeromobili nazionali e nazionalizzati, iscritti nelle matricole o nei registri predetti, si intendono destinati al consumo fuori del territorio doganale, quando vengono cancellati dalle matricole o dai registri stessi per uno dei motivi indicati nel primo comma, lettere c) e d), rispettivamente degli articoli 163 e 760 del codice medesimo». Nel caso di specie, gli aeromobili, pur non essendo mai usciti dal territorio dell’Unione europea, risultavano tuttavia essere stati iscritti nei registri statunitensi.
Prima di procedere, occorre verificare il contenuto delle disposizioni del codice della navigazione richiamate nell’art. 36, comma 4, TULD, in particolare, per quanto qui interessa, delle disposizioni contenute nell’art. 750 codice della navigazione.
Gli aeromobili sono iscritti nel registro aeronautico nazionale tenuto dall’ENAC, se rispondono ai requisiti di nazionalità di cui all’articolo 756.
L’iscrizione è richiesta dal proprietario che risponde ai requisiti previsti dall’articolo 756.
L’aeromobile è identificato dalle marche di nazionalità e di immatricolazione.
Art. 750 c.n.
Ai sensi del primo comma dell’art 750 c.n., possono essere iscritti nel registro aeronautico nazionale gli aeromobili che abbiano nazionalità italiana in quanto appartengano, ad esempio, in tutto o in parte «ai cittadini italiani o di altro Stato membro dell’Unione europea» (art. 756, comma 1, lett. b, c.n.). Conseguentemente, agli aeromobili è assegnata una marca di nazionalità e una marca di immatricolazione, secondo quanto previsto dagli artt. 752, 753 c.n. Il codice della navigazione prevede altresì che la perdita dei requisiti di nazionalità comporti la cancellazione dell’aeromobile dal registro aeronautico nazionale (art. 757 c.n.), che può essere disposta anche d’ufficio nei casi previsti dall’art. 760 c.n., tra cui l’ipotesi di iscrizione dell’aeromobile nel registro di un altro Stato (non è possibile infatti l’iscrizione contemporanea di un aeromobile in diversi registri nazionali). In questa ultima ipotesi si inserisce il caso di specie.
Tornando alle disposizioni contenute nell’art 36, comma 4, TULD, l’iscrizione o la cancellazione dell’aeromobile nel registro aeronautico nazionale costituisce «immissione in consumo» all’interno o all’esterno del territorio doganale italiano, la cui nozione deve essere oggi intesa come territorio doganale dell’Unione europea. Partendo da questa considerazione la Corte ha affermato, richiamando una sua precedente giurisprudenza, che «con il comma 4 dell’art. 36 il Legislatore ha solo voluto puntualizzare che per tale tipo di merce, ossia per le navi e gli aeromobili costruiti all’estero, la destinazione al consumo si considera verificata in maniera incontrovertibile con l’immatricolazione, ma non ha voluto escludere la presunzione di destinazione al consumo, allorché il bene non venga immatricolato ma venga sottratto ai diritti di confine».
Non si conoscono i dettagli del caso; quindi è possibile che la soluzione adottata dalla Corte risulti corretta nel momento in cui si ipotizza una posizione irregolare degli aeromobili in questione, tale da far sorgere l’obbligazione doganale ex art. 79 CDU 2013 per inosservanza di obblighi e condizioni in tema di ammissione temporanea di mezzi di trasporto (v. disciplina agli art. 250, § 2, lett. d, CDU 2013 e 215 RD 2015), in qualche modo rilevante anche ai fini dell’evasione dell’IVA all’importazione di cui all’art. 70 d.P.R. 633/72.
Tuttavia, desta preoccupazione la categoricità con cui i giudici di legittimità affermano, senza mezzi termini, la natura di diritto di confine dell’IVA all’importazione; definizione tutt’altro che convincente e su cui occorrerebbe invece procedere con molta cautela, tenendo conto dell’intero ordinamento doganale dell’Unione europea e delle direttive IVA. L’auspicio è che queste affermazioni, ammesso e non concesso che siano calzanti nel caso di specie, non siano in futuro utilizzate in modo strumentale per giustificare una generale ripresa a tassazione dell’IVA all’importazione nei casi in cui potrebbe configurarsi una doppia imposizione risultando l’IVA comunque assolta.
Avvocato, patrocinante in Cassazione e alle altre giurisdizioni superiori. Studia il diritto doganale dal 1980 ed ha acquisito una particolare esperienza anche nel relativo contenzioso. In questa materia collabora come docente a contratto con i Dipartimenti di Scienze Giuridiche e di Economia Aziendale dell’Università di Verona, e con alcune associazioni imprenditoriali e professionali. Partner e fondatore dal 2000 dello Studio legale Bellante & La Lumia, in Verona, è presidente del Consiglio di Disciplina per il Veneto e Trentino Alto Adige presso il Consiglio Territoriale degli Spedizionieri Doganali del Veneto. E’ componente del consiglio direttivo della Camera degli avvocati tributaristi del Veneto, aderente all’Unione Nazionale delle Camere Avvocati Tributaristi (UNCAT) e svolge funzioni di coordinatore della Commissione fiscale e tributaria del Consiglio dell'Ordine Avvocati di Verona nell'attuale consiliatura.