La legge 23 dicembre 2021, n. 238, nota anche come Legge europea 2019-2020, contiene le disposizioni che sono state adottate, da ultimo, per «l’adempimento degli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea». L’art. 22 della legge n. 238/2021 ha introdotto una importante modifica al decreto legge 14 marzo 2005, n. 35, conv. con mod. in legge 14 maggio 2005 n. 80, intendendo così dare attuazione al reg. (UE) n. 608/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12.6.2013. Questo regolamento è relativo «alla tutela dei diritti di proprietà intellettuale da parte delle autorità doganali» e riguarda i controlli doganali che hanno luogo sulle merci su cui grava il sospetto che possano violare un diritto di proprietà intellettuale in quanto merci «contraffatte» o «usurpative». Le rispettive definizioni sono contenute nell’art. 2, punti 1, 5 e 6 del reg. (UE) n. 608/2013.
Merci contraffatte | Merci usurpative |
a) le merci oggetto di un atto che viola un marchio nello Stato membro in cui si trovano e cui sia stato apposto senza autorizzazione un segno che è identico a quello validamente registrato per gli stessi tipi di merci, o che non possa essere distinto nei suoi aspetti essenziali da tale marchio;
b) le merci oggetto di un atto che viola un’indicazione geografica nello Stato membro in cui si trovano e su cui sia stato apposto un nome o un termine protetto rispetto a tale indicazione geografica o che sono descritte da tale nome o termine; c) l’imballaggio, l’etichetta, l’adesivo, il prospetto, il foglio informativo, il documento di garanzia e ogni altro elemento analogo, anche presentati in modo distinto, oggetto di un’azione che viola un marchio o un’indicazione geografica, che contiene un simbolo, un nome o un termine che è identico ad un marchio validamente registrato o a un’indicazione geografica protetta, o che non possa essere distinto nei suoi aspetti essenziali da tale marchio o indicazione geografica, e che può essere usato per gli stessi tipi di merci per cui sono stati validamente registrati il marchio o l’indicazione geografica. |
Merci oggetto di un’azione che viola un diritto di autore o un diritto connesso o un disegno o modello nello Stato membro in cui le merci sono state trovate e che costituiscono o contengono copie fabbricate senza il consenso del titolare del diritto d’autore o del diritto connesso o del disegno o modello, o di una persona da questi autorizzata nel paese di produzione. |
Al di là delle procedure dettate dal reg. (UE) n. 608/2013 per controlli doganali in questione, l’art. 22 della Legge europea 2019-2020 ha introdotto nell’ordinamento una sanzione amministrativa pecuniaria da 100 euro fino a 7.000 euro per l’acquirente finale che introduca, «all’interno degli spazi doganali», «con qualsiasi mezzo nel territorio dello Stato beni provenienti da Paesi non appartenenti all’Unione europea che violano le norme in materia di origine e provenienza dei prodotti, in materia di proprietà industriale e di diritto d’autore».
La disposizione è stata introdotta come comma 7-bis dell’art. 1 del decreto legge 14.3.2005, n. 35 sopra indicato, che già prevedeva in via generale una sanzione per questo tipo di violazioni, introdotta con un iter molto travagliato. Secondo il comma 7 di tale norma, infatti, «l’acquirente finale che acquista a qualsiasi titolo cose che, per la loro qualità o per la condizione di chi le offre o per l’entità del prezzo, inducano a ritenere che siano state violate le norme in materia di origine e provenienza dei prodotti» commette un illecito. Per questa fattispecie il legislatore aveva introdotto un illecito amministrativo sanzionabile originariamente con una sanzione pecuniaria irrogabile da un minimo di 500 EUR fino ad un massimo di 10 000 EUR oltre alla confisca della merce.
La disposizione fu modificata, da ultimo, dall’art. 17, comma 2, della legge 23.7.2009, n. 99, che ha modificato al ribasso gli importi previsti per la sanzione pecuniaria a carico dell’acquirente privato da 100 EUR fino a 7000 EUR. La disposizione prevede anche una circostanza aggravante qualora l’illecito sia commesso «da un operatore commerciale o importatore o da qualunque altro soggetto diverso dall’acquirente finale», cioè da chiunque si trovi a rivestire un ruolo di intermediazione commerciale nella distribuzione del prodotto. Per questi soggetti la sanzione amministrativa può essere irrogata da un minimo di 20 000 EUR, fino ad un massimo di un milione di EUR.
Il comma 7, inoltre, conteneva nella sua versione iniziale una clausola di riserva («salvo che il fatto costituisca reato») che determinava un paradosso: la condotta tipizzata nell’illecito amministrativo replicava esattamente quella della contravvenzione prevista dall’art. 712 c.p. per il reato di «acquisto di cose di sospetta provenienza» (c.d. incauto acquisto). Il paradosso consisteva nel fatto che, per effetto della clausola di riserva e fatto salvo il caso in cui, in concreto, ricorresse l’ipotesi più grave del delitto di ricettazione, l’illecito amministrativo non risultava mai contestabile e che le pene pecuniarie minime e massime irrogabili nel caso di contravvenzione commessa dall’acquirente finale erano molto inferiori a quelle che sarebbero state irrogabili se fosse stato contestato l’illecito amministrativo.
Per la contravvenzione, infatti, fino all’8.8.2009 era prevista la pena dell’arresto fino a sei mesi (convertibile in 6840 EUR) o l’ammenda non inferiore a 10 EUR (con un massimo comminabile di 1032 EUR; a fronte di una sanzione amministrativa irrogabile invece tra 500 e 10 000 EUR (poi ridotta a 7000 EUR, come si è detto). La clausola di riserva per la condotta dell’acquirente finale è stata eliminata dall’art. 17, comma 2, della legge 23.7.2009, n. 99; in compenso, la stessa clausola è stata reintrodotta in relazione all’illecito commesso dall’«operatore commerciale o importatore», ipotesi punita ben più gravemente rispetto all’acquirente finale, ma con immutati problemi di coordinamento con la fattispecie dell’incauto acquisto.
Questo in via generale, per le fattispecie commesse all’interno del territorio nazionale.
La nuova fattispecie che ora si aggiunge a questo quadro già abbastanza complesso, introdotta dalla Legge europea 2019-2020, si differenzia da quella sopra descritta per questi elementi specializzanti:
- l’illecito (sempre commesso da operatori non commerciali e che possano essere qualificati come «acquirenti finali») deve essere commesso negli spazi doganali;
- i beni introdotti devono essere di provenienza da paesi non appartenenti all’Unione europea;
- i beni introdotti non devono essere superiori a venti pezzi oppure non devono avere peso lordo superiore a 5 kg;
- l’introduzione non deve essere connessa ad un’attività commerciale.
Se ricorrono queste circostanze questo illecito amministrativo speciale, riferito espressamente dalla legge «ai casi di introduzione nel territorio dello Stato di piccoli quantitativi di merce contraffatta da parte del consumatore finale» è punito con la stessa sanzione (da 100 EUR fino a 7000 EUR) prevista per l’illecito commesso nel territorio nazionale da un acquirente che non rivesta la qualifica di «operatore commerciale o importatore».
La sanzione è irrogata «dall’ufficio dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli competente per il luogo dove è stato accertato il fatto», secondo le procedure ordinarie di cui alla legge n. 689/1981. L’onere economico della custodia e della distruzione delle merci è posto a carico dell’acquirente finale oppure, ove questi non provveda, del vettore e la distruzione deve avvenire nel termine di trenta giorni dalla confisca di cui al comma 7 (cfr. commi 7-ter e 7-quater, anch’essi introdotti nell’art. 1 d.l. n. 35/2005 dall’art. 22 legge n. 238/2021).
Resta da valutare la compatibilità di questo illecito amministrativo speciale con la previsione di cui all’art 1, comma 4, dello stesso reg. (UE) n. 608/2013, che espressamente esclude l’applicazione del regolamento stesso «alle merci prive di carattere commerciale contenute nei bagagli personali dei viaggiatori» e dunque la compatibilità con il divieto, per gli Stati membri, di introduzione di misure restrittive quantitative o di effetto equivalente, ai sensi dell’art. 34 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea
Avvocato, patrocinante in Cassazione e alle altre giurisdizioni superiori. Studia il diritto doganale dal 1980 ed ha acquisito una particolare esperienza anche nel relativo contenzioso. In questa materia collabora come docente a contratto con i Dipartimenti di Scienze Giuridiche e di Economia Aziendale dell’Università di Verona, e con alcune associazioni imprenditoriali e professionali. Partner e fondatore dal 2000 dello Studio legale Bellante & La Lumia, in Verona, è presidente del Consiglio di Disciplina per il Veneto e Trentino Alto Adige presso il Consiglio Territoriale degli Spedizionieri Doganali del Veneto. E’ componente del consiglio direttivo della Camera degli avvocati tributaristi del Veneto, aderente all’Unione Nazionale delle Camere Avvocati Tributaristi (UNCAT) e svolge funzioni di coordinatore della Commissione fiscale e tributaria del Consiglio dell'Ordine Avvocati di Verona nell'attuale consiliatura.